Alexander McQueen film 2019 – Dal 10 al 13 marzo esce al cinema ALEXANDER McQUEEN – IL GENIO DELLA MODA, il documentario diretto da Ian Bonhôte e co-diretto e scritto da Peter Ettedgui.

Eccentrico, oscuro, radicale. Alexander McQueen è stato uno degli stilisti più innovativi: le sue sfilate erano vere e proprie performance in grado di provocare e ipnotizzare il pubblico. Da direttore artistico di Givenchy fino alla creazione del suo inconfondibile marchio, Alexander McQueen è stato capace di portare una vera e propria rivoluzione nell’intero universo della moda.

ALEXANDER McQUEEN – IL GENIO DELLA MODA è uno sguardo molto personale sulla straordinaria vita, carriera e talento artistico del designer Alexander McQueen. Attraverso interviste esclusive a familiari e amici più intimi, materiale d’archivio, splendide immagini e musiche coinvolgenti, il film vuole essere una sincera celebrazione e un entusiasmante ritratto di un autentico visionario, tanto geniale quanto tormentato.

Cresciuto nell’East London, Alexander McQueen era un semplice ragazzo della working class inglese, senza doti né prospettive. Ma nel suo intimo, “Lee” ha sempre saputo di non essere come gli altri. Per anni ha coltivato demoni interiori, dalle sembianze eleganti e spaventose. E soltanto controllandoli, forse, è riuscito a diventare uno dei più iconici artisti del nostro secolo.

Come ha fatto questo punk ribelle a conquistare l’alta moda parigina? E perché, al picco della sua fama, ha deciso di mettervi un punto? Riflettendo sulla savage beauty e la dirompente vivacità del suo design, i registi evocano una figura opaca, tra tortura e ispirazione, per celebrare un genio radicale e ipnotico e la profonda influenza che ha avuto sulla sua epoca.

“Fashion is a big bubble and sometimes I just feel like popping it” – Alexander McQueen

Ultimo di sei figli, Lee sarebbe potuto diventare un pompiere, un muratore o un guidatore di taxi come suo padre. Invece il suo fiero spirito romantico e la passione per la poesia punk sono stati fondamentali nella creazione dell’era definita “Cool Britannia” negli anni ’90, che celebrava la cultura giovanile nel Regno Unito.

Probabilmente è stata la prima volta in cui, dagli anni d’oro della Swinging London anni ’60, che un ragazzotto dell’East End di Londra è riuscito a emergere e a diventare l’artista più originale e influente del suo tempo.

I registi Ian Bonhôte e Peter Ettedgui hanno catturato la vita personale e lavorativa di un talento creativo unico nel suo genere, mostrando la sua gloriosa anarchia nel loro film McQueen. Nel film viene offerto un entusiasmante ritratto della vita di McQueen e della sua complessa personalità, seguendolo alla conquista del mondo della moda con i suoi modelli, tanto affascinanti quanto sinistri.

Dal suo apprendistato alla prestigiosa scuola di sartoria di Savile Row, dove si mostrò da subito incredibilmente portato, fino alla sua prematura morte all’età di 40 anni, il film racconta la sua storia rompendo le regole della narrazione documentaria attraverso un mosaico composto da molteplici frammenti che dalla loro unione generano un ritratto unico, sfaccettato e rivoluzionario dell’artista McQueen.

Interviste realizzate a familiari, amici e colleghi, riprese dei suoi spettacoli e delle sue sfilate, assieme a video personali precedentemente andati persi di McQueen stesso, rivelano un ineguagliabile talento creativo capace di dare vita alle fantasie più oscure dello stilista e alle sue più grandi ambizioni, attraverso la realizzazione di modelli dal design rivoluzionario e presentati al pubblico attraverso sfilate spettacolari ispirate a miti e leggende, ai racconti del popolo Yooruba, all’Inferno di Dante e alla leggenda di Atlantide, ma che allo stesso tempo riflettono anche le ossessioni e la sua storia personale, i sogni e gli incubi, le paure più profonde e i desideri celati. Tutto questo contribuisce a creare la singolare visione artistica di McQueen.

Una visione strutturata per mezzo di una febbrile immaginazione e un mix eclettico di film, arte, musica, storia, danza, tecnologia, il tutto unito insieme al fine di provocare scandalo ed estasi nello spettatore. Contemporaneamente affascinato e disgustato a quella vista, lo spettatore non può distogliere lo sguardo da quello spettacolo – e non potrà mai dimenticare ciò a cui ha assistito e di cui è testimone.

Diviso in cinque capitoli, McQueen sottolinea i momenti fondamentali della vita del designer attraverso una selezione dei suoi spettacoli più personali e iconici: “Jack the Ripper Stalks His Victims” del 1992; “Highland Rape”, il suo spettacolo più controverso; “Search for the Golden Fleece” la prima collezione disegnata per Givenchy; “Voss”, un’esplorazione della bellezza e della follia.

Il capitolo finale, “Plato’s Atlantis” traccia un viaggio che ha inizio con la collezione realizzata in memoria della grande amica e musa Isabella Blow morta suicida, e culmina con lo show finale e ultraterreno realizzato prima che McQueen stesso si togliesse la vita.

“Every fashion designer wants to create an illusion, to create things that disturb people” – Alexander McQueen

Il film raccoglie interviste originali ad amici e colleghi, tra cui la stilista Mira Chai Hyde e l’assistente designer Sebastian Pons, professionisti del mercato della moda come John McKitterick and Bobby Hillson, Detmar Blow, vedovo di Isabella Blow, amico intimo e mentore di Lee.

Nel film ci sono anche estratti di interviste realizzate con Isabella e di McQueen, ovviamente. I registi hanno cercato di raccogliere tutte le interviste realizzate da McQueen, ma anche materiale d’archivio inedito di McQueen al lavoro o in momenti di svago personale. Per quanto possibile, Bônhote ed Ettedgui volevano che a raccontarsi fosse lo stesso McQueen.

La prima collezione di Alexander McQueen, intitolata “Jack the Ripper Stalks His Victims”, fu realizzata come progetto conclusivo del Master alla St. Martins, prestigiosa scuola di moda che tra i suoi ex alunni include designer di fama mondiale come John Galliano, Stella McCartney, Zak Posen e Phoebe Philo.

McQueen terminò il suo percorso scolastico all’età di 16 anni e successivamente si dedicò totalmente alla sartoria sul campo, praticando taglio e cucito. Si recò alla St. Martins per cercare lavoro come tutor. Sebbene non avesse nessuna delle qualificazioni accademiche richieste dalla Scuola, Bobby Hillson, fondatore del Corso di Moda, decise di prenderlo con sè.

Il film cattura l’energia e l’eccitazione di quella prima sfilata, che segnò la leggendaria iconoclastia e spettacolarità di tutti i suoi lavori. Attingendo dai racconti delle terrificanti stragi compiute da Jack Lo Squartatore nell’East London, Lee trasformò noiose sagome vittoriane in capi di abbigliamento oscuri, gotici e totalmente moderni.

Già da allora fu chiaro lo stile visivo sensazionale e gli elevati riferimenti e ispirazioni concettuali che sarebbero stati il segno distintivo e il marchio di fabbrica della sua moda. Questa prima sfilata fu anche la scintilla che innescò la relazione creativa e professionale più importante nella vita di McQueen.

Isabella Blow — Issie per gli amici — è stata stilista, musa, innovatrice con il formidabile dono di sapere scorgere prima degli altri ciò che in futuro sarebbe diventato grandioso. Isabella acquistò l’intera collezione di McQueen.

Non appena la sua notorietà aumentò, i suoi incredibili lavori furono richiesti dai giganti del mondo della moda. Per almeno una ventina di anni la sua energia creative apparve sconfinata e inesauribile, sempre più irresistibile sfilata dopo sfilata. Attingendo da influenze differenti, come le proprie origini scozzesi, la fotografia macabre di Joel Peter Witkin, la mitologia classica, i suoi film horror preferiti, McQueen creò una serie di nuovi mondi fantastici che incantavano gli spettatori.

Le modelle sfilavano accompagnate da lupi veri portati al guinzaglio, avvolte in armature, le modelle più belle del mondo sfilavano coi volti nascosti da strane maschere, la passerella zuppa di pioggia o ricoperta da un leggero manto di neve, seminude, avvolte in abiti ricavati da cavi elettrici o pantaloni dal cavallo bassissimo.

McQueen introdusse anche una tra le innovazioni più famose e criticate: il “bumster” trouser, tipo di pantalone con delle aperture che lasciavano scoperti i fondoschiena delle modelle fino alla base della colonna vertebrale, una provocazione tanto impudente quanto deliberatamente voluta.

“My shows are about sex, drugs and rock ’n’ roll. It’s for the excitement and the goosebumps. I want heart attacks. I want ambulances” — Alexander McQueen

Ogni spettacolo di McQueen era più originale, straordinario e spregiudicato del precedente. McQueen sapeva realizzare abiti eleganti, eterei, sofisticati e bramati dalle donne di tutto il mondo, ma anche creazioni stravaganti realizzate con l’utilizzo di materiali unici, pizzo, trine, piume, pailettes e gioielli.

L’elite della moda si riuniva di fronte alle porte dello studio di McQueen per vedere le sue stravaganti creazioni, non sapeva mai cosa aspettarsi. Per molto tempo le modelle più belle del mondo hanno chiesto a gran voce di essere incluse nei suoi fantastici e rivoluzionari spettacoli.

Bonhôte ed Ettedgui hanno riunito insieme centinaia di ore di registrazione per catturare l’immediatezza e l’istintivo shock provocato dagli spettacoli di McQueen. In una clip in particolare, la supermodella Shalom Harlow indossa un immacolato abito bianco ed è accerchiata da robot – uno dei temi preferiti da McQueen – che spruzzano scie di pittura colorata. Kate Moss invece appare sulla passerella sotto forma di ologramma, mentre Naomi Campbell affronta la passerella indossando con fierezza delle corna d’ariete dorate. O ancora, durante uno dei suoi spettacoli, il set prese fuoco e McQueen lasciò che l’incendio divampasse mentre le modelle proseguivano imperterrite la sfilata. La sua immaginazione non aveva limiti.

Oltre all’archivio contenente le riprese delle sfilate, i registi hanno inserito anche alcuni dei temi iconici usati frequentemente da McQueen, il teschio e gli uccelli, come intramezzo per collegare i vari capitoli della narrazione. Inoltre hanno avvolto il vorticoso racconto della vita creative del designer utilizzando una colonna sonora importante e realizzata da uno dei musicisti preferiti da McQueen, il Maestro Michael Nyman. Dalla chiassosa iconoclastia del Lee degli esordi, agli aspetti più cupi degli ultimi anni della sua vita, dalla celebrazione della sua vita all’immane tragedia della sua morte, la musica di Nyman è un elemento fondamentale in McQueen.

Nyman ha fornito a Bonhôte ed Ettedgui un file contenente 25 ore di musica tra cui poter scegliere liberamente per realizzare la colonna sonora del film. La musica scelta per il film spazia in tutto il ricco catalogo di creazioni del compositore, includendo sinfonie, musica da camera, concerti e anche musica composta per l’inimitabile Michael Nyman Band e raggruppa generi diversi come musica dance, colonne sonore di film, assoli di strumenti musicali medievali e azzardati esperimenti elettronici. Queste musiche e questi ritmi diventano l’accompagnamento musicale per ognuno dei cinque capitoli che compongono il film.

All’età di 27 anni, con solo 8 collezioni alle spalle, gli si presenta l’opportunità della vita. McQueen viene nominato Direttore Creativo della leggendaria Givenchy, la cui cifra stilistica è dai primi anni ’50 un’eleganza raffinata incarnata dall’icona di stile Audrey Hepburn. Con un vero e proprio atelier a sua disposizione, situato in Place de Vosges, e un salario di $400,000 McQueen può seguire una sua linea creativa ed essere un vero e proprio stilista.

La stampa francese stroncò la prima sfilata parigina di McQueen, un grandioso insieme di squisiti completi fatti su misura e abiti in oro e bianco ispirati alla leggenda di Giasone e gli Argonauti. La stampa fu poco impressionata anche dallo stesso designer, che si presentò al pubblico a fine spettacolo con i suoi soliti pantaloni larghi e sformati, una camicia a quadri, le scarpe da ginnastica e una bottiglia di birra in mano.

La sua irriverenza, la sua sfacciataggine e il suo spirito ribelle erano del tutto fuori luogo a Parigi. Andò anche
peggio quando Lee e Issie litigarono. Issie aveva avuto un ruolo cruciale nella chiusura dell’accordo con Givenchy e aveva dato per scontato che avrebbe ricoperto a sua volta un ruolo formale all’interno dell’azienda. Quando si rese conto che così non sarebbe stato, Issie fece un passo indietro e si mise da parte, ferita dall’accaduto. Questo episodio modificò irrimediabilmente la loro amicizia e condusse Issie in una spirale negativa che probabilmente la condusse al suicidio.

Al culmine della sua carriera, travolto da un successo che nessuno avrebbe mai immaginato, si allontana dagli amici di sempre e la sua figura diventa sempre più solitaria. Nel mentre Isabella Blow si toglie la vita e McQueen perde l’amatissima madre, Joyce.

McQueen si sente sempre più solo ed è prigioniero di una profonda forma di depressione. Non appena la sua ultima collezione giunge nei negozi, Lee decide di togliersi la vita e lo fa in disparte, in solitudine, nella sua casa. Giunto all’apice del successo, della notorietà e del potere, l’uomo che ha collaborato con alcuni artisti tra i più famosi – da Tim Burton a Lady Gaga, da David Bowie a Björk – decide ancora una volta di scandalizzare il mondo mettendo fine alla sua storia.

La storia di Lee va oltre i confini del mondo della moda. Lee ha sfidato le regole e oltrepassato i confini della moda con il suo lavoro. La sua creatività e la sua abilità manuale non erano seconde a nessuno. Un genio radicale e ipnotico, capace di influenzare un’epoca.