Andor 2: il prezzo della ribellione su Disney+
La stagione 2 di Andor espande l’universo di Star Wars con un racconto potente e realistico sul prezzo della ribellione. Un prequel che va oltre la fantascienza.
Andor – Stagione 2: il prezzo della ribellione, il trailer ufficiale
L’universo di Star Wars si fa adulto. La seconda stagione di Andor, in arrivo su Disney+ oggi, è l’evoluzione narrativa e visiva di un progetto che ridefinisce cosa possa essere uno spin-off in una galassia lontana, lontana. Cassian Andor, interpretato da Diego Luna con una compostezza sempre più densa, passa da fuggitivo disilluso a figura centrale nella costruzione dell’Alleanza Ribelle. Ma la sua ascesa è tutt’altro che lineare.
Una struttura narrativa che sfida il tempo
Distribuita su 12 episodi, la stagione adotta una formula audace: quattro blocchi narrativi, ciascuno incentrato su un anno. Una progressione temporale che richiede attenzione e fiducia nello spettatore, chiamato a colmare i vuoti narrativi tra un arco e l’altro. Il risultato è un racconto ritmato, incalzante, che non teme il silenzio, ma lo usa per amplificare il peso delle scelte.
Tony Gilroy, creatore e showrunner, costruisce ogni episodio come un tassello di una mappa emotiva. Non c’è spazio per l’eccesso di esposizione: lo spettatore è parte attiva, chiamato a interpretare, ricordare, intuire. Il tono è sobrio, quasi crudo, in linea con il taglio realistico già ampiamente apprezzato nella prima stagione.
Cassian Andor: dal disincanto al sacrificio
Il protagonista è un uomo che diventa idea. Cassian inizia questa stagione come un soldato riluttante e ne esce come una figura disposta al sacrificio estremo. Non c’è eroismo patinato: c’è la fatica, la paura, il dolore. Diego Luna porta tutto questo con una recitazione asciutta, mai urlata, ma sempre centrata.
Accanto a lui, personaggi come Mon Mothma (Genevieve O’Reilly) e Luthen Rael (Stellan Skarsgård) portano avanti trame parallele che convergono in un crescendo corale. Ciascuno di loro affronta scelte che trascendono la sopravvivenza personale, spostando l’asse morale della serie su piani complessi e stratificati.
Costumi che raccontano il potere, il degrado e l’identità
I costumi firmati da Michael Wilkinson, già noto per il suo lavoro in film ad alta tensione politica e storica, svolgono un ruolo centrale nella costruzione visiva della seconda stagione di Andor. Non si limitano a vestire i personaggi: li definiscono. Ogni scelta, dal tessuto alla silhouette, è pensata per riflettere l’evoluzione emotiva e sociale di chi lo indossa.
Nel caso di Mon Mothma, ad esempio, il guardaroba comunica la sua dualità costante: da una parte il rigore imposto dal ruolo ufficiale nel Senato imperiale, dall’altra la fragilità crescente della sua vita personale. I tagli sono netti, le stoffe preziose ma mai ostentate, i colori sobri con accenti simbolici. Nei contesti più oscuri della galassia, invece, i costumi si fanno vissuti, con strati sovrapposti, fibre grezze, segni di usura e sporcizia visibili, a ricordare la distanza siderale tra centro e periferia del potere.
Wilkinson lavora come un narratore silenzioso: usa l’abbigliamento per suggerire origini, tensioni, alleanze. In un universo come quello di Star Wars, dove la spettacolarità visiva è spesso sinonimo di costumi elaborati, Andor si distingue per un approccio più sobrio e realistico, capace però di lasciare un’impronta profonda. Il risultato è una sartoria galattica che non insegue la moda, ma l’identità.
L’identità dei pianeti raccontata attraverso i costumi
Uno degli aspetti più affascinanti della seconda stagione di Andor è la costruzione di un linguaggio visivo specifico per ogni pianeta esplorato. Michael Wilkinson, costumista della serie, ha sviluppato per ciascuna ambientazione un’estetica che si intreccia profondamente con la cultura, la storia e l’economia locale, trasformando gli abiti in strumenti narrativi autentici. La filosofia alla base del suo lavoro è chiara: ogni look deve avere un motivo di esistere, e ogni personaggio deve indossare ciò che è coerente con il suo arco evolutivo e il contesto in cui si trova.
Un esempio emblematico è il pianeta Ghorman, che nella serie debutta per la prima volta in versione live action. Qui, l’identità culturale è raccontata attraverso un tessuto pregiato, la “saia ghorman”, ottenuta da ragnatele native: un dettaglio che diventa simbolo del lusso discreto, dell’artigianato raffinato e dell’orgoglio culturale del popolo locale. Gli abiti dei mercanti e degli abitanti riflettono una società colta e autosufficiente, ispirata all’Europa interbellica, con tagli eleganti e tessuti naturali, che esprimono una ricchezza mai ostentata ma radicata nella tradizione.
Ogni pianeta, dunque, ha un suo codice visivo. Dal rigore formale e asettico delle alte sfere di Coruscant, ripensato in questa stagione con una nuova prospettiva visiva girata nella Città delle Arti e delle Scienze di Valencia, alle ambientazioni più rurali o marginali, tutto contribuisce a creare un universo stratificato e credibile.
L’approccio meticoloso di Wilkinson si rivela essenziale per trasmettere la progressione temporale e politica della galassia. La varietà di look, spesso concepiti per situazioni specifiche – come cerimonie, mercati, momenti intimi o ambienti militari – e mentre i personaggi evolvono, così fanno i loro abiti, diventando parte integrante del racconto, fino a incarnarne il senso più profondo.
Un realismo galattico
Andor non mostra battaglie spaziali spettacolari, ma le conseguenze umane delle decisioni politiche. I costumi di Michael Wilkinson, i set realistici e costruiti artigianalmente da Luke Hull, e le musiche di Nicholas Britell e Brandon Roberts confermano questa scelta: Star Wars può anche non brillare, ma colpire nel profondo.
L’estetica, ispirata a contesti storici come l’Europa interbellica, plasma pianeti nuovi come Ghorman, arricchiti da culture dettagliate e credibili. La costruzione del mondo è puntuale, coerente, e riflette il respiro storico che permea l’intera narrazione.
Più che una serie di fantascienza, Andor è un dramma politico mascherato da opera sci-fi. Il suo valore risiede nella capacità di offrire una visione adulta, disillusa ma profondamente umana della resistenza. Non ci sono eroi infallibili, ma individui spinti da convinzioni, errori e dolore.
La seconda stagione si presenta come un passaggio obbligato per comprendere le radici della Ribellione, senza mai abbandonare la tensione narrativa o cedere alla retorica.
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