Dimorestudio No Sense – Fino al 23 aprile, nello storico appartamento di via Solferino, l’allestimento No Sense rappresenta un ritorno alle radici di Dimorestudio, Dimoregallery e Dimoremilano, andando a unificare queste tre realtà con un concetto più olistico che racchiude l’universo di Dimore.

È un tornare agli albori a uno stadio quasi embrionale attraverso un mix di ingredienti che hanno significato la cifra stilistica di Dimorestudio negli anni. Un allestimento apocalittico ma molto sofisticato, composto da sovrapposizioni, una connessione visiva tra arredi e opere arte come da sempre nella visione di Dimore, la suppellettile è concepita come un’opera d’arte.

Lo spazio trasmette l’idea del tempo che passa: pareti e infissi sono stati riportati allo stato primitivo, consegnando così alla luce tutti i cambi di colore di questi venti anni e parti di affreschi centenari che si pensavano ormai sepolti per sempre. Per lo storico appartamento di via Solferino, Dimorestudio ha dialogato con la Galleria di Massimo Minini, a Brescia dal 1973, tra le più importanti gallerie italiane con risonanza internazionale: assieme alle opere di giovani artisti viventi, che sono punto focale di ogni stanza, presenta due capolavori della scultura moderna italiana di grande interesse dalla collezione privata di Massimo Minini.

Superata la soglia dell’iconico appartamento, troviamo sei stanze perfettamente apocalittiche e senza senso dove la vista si perde tra i dettagli. Nella sala del camino predominano i legni, i toni scuri del marrone, del nero e le superfici riflettenti degli specchi e gli acciai. Accumulati in un perfetto disordine, il mobile contenitore Mariano di Achille e Pier Giacomo Castiglioni, il mobile bar di Nanda Vigo, il mobile contenitore di Luigi Caccia Dominioni per Azucena, la libreria di Afra e Tobia Scarpa per B&B Italia, un tavolino di Romeo Rega.

Questi arredi dialogano con le prime due sculture realizzate dal maestro italiano Adolfo Wildt, Atte, datata 1892, e la Martirologio del 1895, dalla collezione privata di Massimo Minini, opere di grande valore eccezionalmente concesse dal gallerista per questa installazione. Eseguite con maestria e caparbietà, furono presentate ed esposte alla Permanente di Milano dal maestro all’inizio della sua carriera.

Nella stessa sala si trovano la scultura Glimpses di David Maljkovic e la scultura vb.v. 006 di Vanessa Beecroft, balzata da giovanissima a una grande fama internazionale. Vanessa era ancora una studentessa a Brera quando fece parlare di sè con l’organizzazione di gruppi di ragazze come sculture viventi, non era la prima volta che il corpo in carne ed ossa entrava nel mondo dell’arte, ma era la prima volta che come in un set cinematografico o in una sfilata, l’artista organizzava una pièce teatrale astratta. Completano lo spazio l’iconica lampada Fungo di Gabriella Crespi e la poltrona di Jacques Quinet.

Proseguendo, nella stanza adiacente al terrazzo, i colori azzurri, verdi e panna valorizzano la libreria di Sottsass Associati, il cabinet di Piero Portaluppi, il divano modulare di Kazuhide Takahama, la poltrona di Giuseppe Pagano e le sedie di Arne Jacobsen e Gio Ponti. Nello stesso ambiente si trova il tavolo Antella di Kazuhide Takahama, gli ottomani di Vittoriano Viganò e la lampada da tavolo Parola di Gae Castiglioni.

Segue la stanza rinominata “dei lampadari”, fortemente ispirata ai vecchi negozi di lampade e illuminazione degli anni Settanta. Un’alcova satura di lampadari posizionati tutti alla stessa altezza che forma un vero pattern illuminato sul soffitto, gli elementi sono di designer, epoche e materiali diversi, di vetro o plexiglass, da Venini a Sottsass.

In un’altra stanza dai toni glicine, viola e legno, sono accomodate una credenza in edizione limitata di Dimorestudio e una serie di sedute: Fabio Lenci per Confort Line, Jean Royere per Maison Gouffè, Leggera di Gio Ponti, Mario Sabot, Gino Levi Montalcini, un tavolo da gioco di Gianfranco Frattini per Cassina, il bar cabinet di Dimorestudio, il tavolino di Osvaldo Borsani e tre importanti sculture di Armando Andrade Tudela.

Le sue teste esposte sono esclusivamente composte da volumi: ci sono occhi, labbra, narici, ma non sono ritratti né autoritratti specifici, un identikit negato dal disegnatore, come volesse proteggere l’aggressore e quindi colpevolizzare l’aggredito.

In una sala dai toni decisi del verde sono esposte le poltrone di Mario Bellini e Studio Simon, insieme al pouf Palette e al coloratissimo paravento Palmador di Dimoremilano e al tappeto di Renata Bonfanti, creando una vivacità inaspettata in questo set atomico completato dalle poltrone Carlotta di Afra e Tobia Scarpa per Cassina e Miamia di Alberto Salviati e Ambrogio Tresoldi.

Nella quinta e penultima stanza predomina il rosso combinato alle sfumature die bianchi, con il letto singolo di Jean Prouvé, la poltrona Viscontea di Achille e Pier Giacomo Castiglioni e l’opera Panton Zanussi di Bertrand Lavier, oggi uno degli artisti francesi più credibili, proveniente dalla Bourgogne a Aignay-le-Duc, lavora da sempre sulla sovrapposizione di significati. Qui una sedia rossa astratta come una scultura domina un frigorifero esposto come basamento. L’opera Palette Standard di un altro francese, Mathieu Mercier, solito lavorare sull’oggetto con una poetica fredda e trattenuta, con il pallet bianco appoggiato al muro che rimanda ai lavori di Donald Judd e Sol LeWitt.

L’ultima stanza è la più essenziale, lo spazio è dominato da soli tre elementi accatastati, un divano a due posti, le sedute Vis a vis di Dimoremilano e la credenza MB4-Angolo di Luigi Caccia Dominioni. A dominare la composizione, la lampada Piramide di Gabriella Crespi.

Ogni stanza è interpretata con un no sense differente, vi è un accumulo atomico di elementi, sovrapposti, sparsi, i mobili dialogano tra di loro, non troviamo alcun abbinamento in base allo stile bensì degli accostamenti – dialogo. In alternanza alle ambientazioni, troviamo delle stanze che fungono da nodi, dove video proiezioni di immagini di ricerca scattate da Emiliano Salci nutrono e incuriosiscono il visitatore; se l’arredo è la suggestione concreta e palpabile del messaggio “senza senso”, le immagini stimolano il medesimo concetto nel subconscio, grazie alla stimolazione visiva.

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credit image by Press Office – photo by Silvia Rivoltella