Il Primo Re recensione film – E’ uscito nelle sale cinematografiche italiane Il Primo Re, il nuovo film di Matteo Rovere con Alessandro Borghi e Alessio Lapice. Due fratelli, soli, nell’uno la forza dell’altro, in un mondo antico e ostile sfideranno il volere implacabile degli Dei. Dal loro sangue nascerà una città, Roma, il più grande impero che la Storia ricordi. Un legame fortissimo, destinato a diventare leggenda.

La leggenda di Romolo e Remo, pur lontanissima nel tempo, ha qualcosa di molto vicino a noi. È una materia solo apparentemente semplice, lineare, ma che racchiude in realtà un’enorme quantità di simboli e significati, che fondono l’origine della nostra civiltà con qualcosa di intimo e insieme complesso, ineffabile forse, ma che sicuramente guarda dentro tutti noi.

Due fratelli gemelli, Albalonga, un tradimento, un cerchio sacro, un segno degli dei. Il racconto leggendario e il contesto, ci mostra lo strapotere della natura sulle esistenze umane: trenta o più tribù separate nel basso Lazio, e l’effetto dirompente di un uomo che porta una visione in grado di unificarle; una città che custodisce il fuoco, e il fuoco che incarna Dio.

Due gemelli, dunque, l’uomo e il suo doppio. Il fuoco sacro che unisce, ma chiede sacrificio. L’uomo e Dio. Il vaticinio, e quello che ne deriva: sottomissione al destino o libero arbitrio? Romolo ha la capacità di compiere un atto empio, rubare il fuoco, ma un atto che allo stesso tempo riesce a far muovere il Dio dalla sua inesorabile immobilità, portandolo nel mondo, è un atto folle che sposta il potere dalla violenza alla persuasione.

Perché tutto questo si rivelasse con la più grande potenza emotiva, è stato necessario che la narrazione ruotasse su se stessa e assumesse un punto di vista nuovo: quello dello sconfitto, di Remo, di colui che ama suo fratello più di ogni cosa. Remo è colui che reca il dilemma eterno: è più divino chi si ribella al Dio per difendere l’amore, o il Dio che quell’amore chiede di sacrificarlo?

“Il Primo Re” è un film realistico, analogico, fatto di sequenze riprese con luce naturale ma anche tecnicamente complesse, con un uso limitato dei VFX. Le immagini sono figlie di un’impostazione estetica e scenografica coerente con il periodo raccontato: il team ha lavorato con archeologi e storici, che insieme ai linguisti e ai semiologi
hanno supportato il progetto con l’obiettivo comune di creare una narrazione moderna, composta però da elementi storicamente attendibili.

La scelta delle location riveste un ruolo di primaria importanza per la realizzazione di questo film. L’ambientazione naturale è fortemente caratterizzante: paesaggi incontaminati e selvaggi sono lo scenario principale in cui si svolgono le vicende raccontate. È stata spontanea la scelta di guardare al Lazio come area di ricerca principale, dove storicamente si è svolta la vicenda.

E proprio in questa regione sono state individuate tutte le tipologie di paesaggi in cui si muovono i personaggi del film: zone paludose, greti di fiumi, montagne rocciose, foreste e boschi mediterranei, spiagge, saline, zone termali e sulfuree. Aree naturali protette che ci riportano a quella tipologia di ambienti incontaminati in cui l’intervento dell’uomo e le costruzioni moderne sono assenti o occultabili.

Il paesaggio non è solo la cornice delle vicende ma è un elemento imprescindibile con cui i personaggi devono confrontarsi, a tal punto da diventare personaggio esso stesso: complice, nemico o divinità a seconda delle circostanze.

Il legame che c’è tra gli ambienti naturali e le popolazioni del tempo, basato sulla necessità terrena della sopravvivenza, è così forte che coinvolge anche tutta la sfera spirituale e diventa elemento fondante delle religioni pagane dominanti. Anche la mitologia e i simboli chiave della leggenda della nascita di Roma non prescindono dalla natura, siano essi il fuoco sacro di Vesta, il fico ruminale, la lupa o il Tevere, per citare i più noti.

Proprio il fiume e le zone paludose dove esso esonda sono la culla della storia e punto nevralgico in cui essa si articola. La natura è fonte di cibo e sopravvivenza, rifugio ma anche ostacolo da superare e piegare alle proprie esigenze. Le intemperie si abbattono sui corpi spesso malconci dei protagonisti come nuovi colpi che causano ferite. Lo sporco, la fatica, il fango e il sudore sono onnipresenti.

Per quanto riguarda gli scenari montuosi e boschivi sono stati individuati luoghi di straordinaria bellezza nel parco regionale dei Monti Simbruini (ricchi per altro di piccole cascate e laghetti), nel parco dei monti Lucretili, il monte Cavo con la sua via sacra che già nell’VIII secolo a.C. veniva usata per raggiungere il tempio di Giove, il monte Ceraso, nel parco di Veio.

Questo racconto apparentemente semplice ci riconduce a un dilemma primario, viscerale: cosa prediligere nella vita, la sopravvivenza del nostro gemello, ovvero della parte più intima di noi, o la sottomissione a un potere più grande, poiché non tutto ci è dato di sapere? Le nostre vite ci appartengono fino in fondo? È amore o hybris quella che ci fa pensare di poter essere noi gli artifici del nostro destino?