Jojo Rabbit film 2020 – Il regista Taika Waititi imprime il suo stile distintivo, caratterizzato da umorismo e pathos, nel suo ultimo film, Jojo Rabbit, satira sulla Seconda Guerra Mondiale che segue le imprese di un ragazzo tedesco piuttosto solitario (Roman Griffin Davis nei panni di Jojo), la cui visione del mondo viene sconvolta quando scopre che sua madre (Scarlett Johansson), che è single, tiene nascosta in soffitta una giovane ebrea (Thomasin McKenzie). Aiutato solo dal suo amico immaginario, Adolf Hitler (Taika Waititi), Jojo è costretto a confrontarsi con il suo cieco nazionalismo.

Jojo Rabbit film 2020: il trailer ufficiale

Jojo Rabbit, scritto e diretto da Taika Waititi si ispira al romanzo “Il Cielo in Gabbia” di Christine Leunens ed è interpretato da Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Taika Waititi, Rebel Wilson, Stephen Merchant, Alfie Allen, con Sam Rockwell e Scarlett Johansson.

I produttori sono Carthew Neal, Waititi e Chelsea Winstanley. Il team dietro le quinte comprende il direttore della fotografia Mihai Malaimare, lo scenografo Ra Vincent, il responsabile del montaggio Tom Eagles, il compositore Michael Giacchino, la costumista Mayes Rubeo, la make-up e hair designer Dannelle Satherley e il supervisore degli effetti visivi Jason Chen.

Jojo Rabbit offre, attraverso gli occhi di un bambino, la visione acutamente divertente, ma profondamente conturbante, di una società divenuta preda dell’intolleranza. Attingendo alla sua personale eredità ebraica e alle sue esperienze di vita circondate da pregiudizi, l’autore-regista Taika Waititi (la cui madre è ebrea, mentre il padre è Maori) è artefice di una potente presa di posizione contro l’odio attraverso una spietata satira della cultura nazista che si impossessò della psiche tedesca al culmine della seconda guerra mondiale.

Waititi fa sua una storia che è un po’ troppo inquietante per potervisi avvicinare con sobria solennità, quella di un ragazzo che, come molti altri in quel periodo, viene sottoposto a lavaggio del cervello fino a raggiungere una devozione totalizzante nei confronti di Hitler. Ne ricava poi una commedia nera e affascinante, che in ultima analisi scardina l’ideologia malsana dell’antisemitismo e della persecuzione del prossimo. Sempre in equilibrio sul filo della comicità, Waititi mescola la furia della sua satira con un persistente senso di fiducia nella possibilità che fanatismo e odio vengano messi da parte.

Il film segue in modo evidente le tracce di alcuni degli eroi cinematografici di Waititi: Mel Brooks, Charlie Chaplin, Ernst Lubitsch e Stanley Kubrick, solo per citarne alcuni. Come questi registi, Waititi era alla ricerca di una nuova modalità di rivisitazione di uno dei temi più inquietanti, attraverso la forza paradossalmente morale di una genuina parodia.

In particolare Waititi fa eco a Mel Brooks, attore ebreo che sovverte il potere persistente dell’immagine di Hitler attraverso il suo ritratto stravagante e ridicolizzato. Ma tanto quanto il film è in debito con i suoi audaci precursori, così Jojo Rabbit richiama molti aspetti dei nostri tempi, con i suoi personaggi profondamente umani, le cui cieche manie possono anche divertire, ma i cui dissidi interiori sono tremendamente reali ed evidentemente attuali.

Basata sull’acclamato romanzo di Christine Leunens, “Il Cielo in Gabbia”, pubblicato per la prima volta nel 2004, la storia prende il via nell’immaginaria Falkenheim. In questa pittoresca cittadina dominata dai nazisti, la fine della guerra si sta rapidamente avvicinando. Eppure, nella cameretta di Jojo Betzler, che ha dieci anni, sta montando l’attesa.

Oggi per lui si presenterà finalmente l’occasione che aspettava da sempre: quella di unirsi al Jungvolk, la Gioventù Hitleriana. A Jojo, credulone e sensibile com’è alla pervasiva propaganda che lo circonda, questa sembra la sua prima occasione per fare qualcosa di grande e importante, per proteggere la madre single che ama più di ogni altra cosa, e forse anche per provare un senso di appartenenza.

Per lenire le sue insicurezze, Jojo si fa accompagnare da uno sproporzionato amico immaginario: una versione clownesca e strampalata di Hitler, che, con il contorno di tutte le emozioni tipiche di un bambino, dispensa i consigli che Jojo avrebbe desiderato ricevere dal padre assente. Con Adolf in testa, Jojo si sente invincibile. Ma in realtà, per Jojo questo è solo l’inizio dei suoi problemi. Umiliato (e quasi decapitato) nel campo del Jungvolk, la sua frustrazione non fa altro che aumentare.

Poi, a un certo punto, Jojo fa una scoperta che lentamente, ma radicalmente, sarà destinata a trasformare la sua visione del mondo. Inseguendo quello che crede essere una specie di fantasma, scopre invece che sua madre tiene nascosta una ragazza ebrea, con enormi rischi per tutti quanti. Lo shock quasi lo annulla: ecco il “pericolo” di cui era stato avvertito, qui in casa sua, sotto il suo naso, a pochi metri da dove ha l’abitudine di confidarsi con Hitler, il suo amico immaginario.

Ma mentre Jojo cerca di tenere d’occhio la misteriosa Elsa, la sua paura e la sua attenzione si trasformano in qualcosa che nemmeno Adolf riesce a capire. Infatti, più conosce Elsa e più lei diventa una persona a cui Jojo non può immaginare che qualcuno, compresi i suoi idoli nazisti, possa fare del male.

SPECIALE COSTUMI DI SCENA

Per i costumi, Mayes Rubeo, nota per realizzazioni che spaziano dall’antico regno Maya di Apocalypto, al mondo di fantasia di Avatar, all’universo Marvel di Thor: Ragnarok, ha lavorato a stretto contatto con scenografo Ra Vincent.

Durante le sue ricerche, Waititi aveva notato che la gente tendeva a vestirsi in modo molto più formale rispetto a oggi (forse per fatalismo), e desiderava catturare quell’immutabile senso di elegante bellezza. “Verso la fine della guerra, la gente credeva che ogni giorno potesse essere l’ultimo, così tutti indossavano i loro vestiti migliori e si facevano belli”, spiega. “Se proprio dovevano morire, almeno volevano avere un bell’aspetto”.

Come per Vincent, Waititi ha spiegato alla Rubeo che voleva per il suo film un look inaspettato, ricolmo di spirito d’infanzia. “Taika diceva sempre di voler ricreare un universo basato sulla seconda guerra mondiale che non assomigliasse a nessun altro, dato che questo film è visto attraverso gli occhi di un bambino di 10 anni”, ricorda la Rubeo. “A quell’età, penso che ci si ricordi tutto, ma con una sorta di luminosità. Ogni cosa sembra far parte di una mattina di primavera. Per quel che mi riguarda, ho capito che Taika stava cercando qualcosa di molto simile a quello che i neorealisti italiani facevano negli anni ’40, ma a colori. Il film ha tutte le caratteristiche di una pellicola neorealista, in cui sono presenti sia momenti incantevoli e felici che attimi drammatici, e l’atmosfera può passare dal divertente al tragico in un attimo”.

Il cuore del lavoro della Rubeo era il centro del mondo di Jojo: la raffinata e chic Rosie Betzler. La Rubeo ha frugato tra i vestiti delle più incantevoli sartorie italiane per poter scegliere tra autentici pezzi d’epoca. Ma ha anche creato a mano alcune delle camicette e dei vestiti di Rosie, facendo risaltare ancor di più il suo personaggio.

“Rosie è un personaggio meraviglioso, estroverso, la cui vita è come una provocazione: è totalmente determinata, e per nulla contenta di Hitler. Per me, lei rappresentava il punto di riferimento da cui nascevano tutte le altre idee di caratterizzazione”, afferma la Rubeo. “Abbiamo parlato del suo background artistico, e ne ho preso atto per farne il mio punto di partenza. Inoltre, si ha la sensazione che prima della guerra i Betzler trascorressero un’esistenza felice. Anche se ora possono permettersi di mangiare una singola patata a pasto, Rosie continua a servirla su una tovaglia di lusso, perché crede ancora nella bella vita”.

Era necessario che il look di Rosie fosse inconfondibile: il pubblico deve poterla riconoscere, in un batter d’occhio, nella scena che rappresenta la svolta emotiva cruciale della storia. “La farfalla sembrava poter esprimere chi è realmente, e abbiamo usato un paio di scarpe molto particolari, che spiccano per una donna dell’epoca. Credo che si tratti di un’immagine evocativa: si vedono le scarpe, e in quel preciso momento lo spettatore crea un collegamento con la farfalla”, dice la Rubeo.

Jojo ovviamente indossa soprattutto la sua divisa della Gioventù tedesca, per la quale la Rubeo si è ispirata ad autentici modelli d’epoca. “Avevamo trovato alcune divise vintage a Berlino, ma ne servivano molte in taglie diverse per tutte le comparse, quindi le abbiamo create noi. Quando si vede Jojo in divisa a casa sua, si pensa a un ragazzo che cerca di essere il poliziotto della sua abitazione”, spiega.

Per l’assurda interpretazione di Hitler da parte di Waititi, la Rubeo si è ispirata anche alla famigerata divisa semplice del Partito Nazista, di colore marrone. Ma ha voluto che questo Adolf indossasse un voluminoso paio di pantaloni da cavallerizza, a sottolinearne sia la natura immaginaria che la tremenda insicurezza. Per gran parte del film, la Rubeo è rimasta fedele all’aspetto austero e misurato, prerogativa del militare tedesco. Tuttavia, ha avuto la possibilità di ostentare abiti sfarzosi con il capitano Klenzendorf, che segretamente si immagina uno stilista di uniformi, e che infine esce allo scoperto per dare vita al suo (poco ortodosso) abito da sogno.

“Il capitano Klenzendorf vive in un mondo tutto suo”, scherza la Rubeo. “Ha una creatività stravagante a cui volevamo dare espressione alla fine della pellicola, momento in cui esplode in scena. Taika ha fornito moti spunti: sapevo che voleva qualcosa di fatto in casa, colorato e divertente, ma anche un’idea un po’ coraggiosa. Per me, era fondamentale farla sembrare una divisa creata da una persona che non sa praticamente nulla delle regole dell’alta moda. È stata una cosa divertente!”.

Se per un verso Jojo Rabbit è un’allegoria comica sul prezzo del predominio del fanatismo, non importa se in camera da letto o in una nazione, quello di Jojo è anche il viaggio molto realistico di un bambino che diventa grande. Perché trovando il coraggio di aprire la mente, scopre come l’amore abbia il potere di cambiare il suo percorso.

Film di apertura del 37 Torino Film Festival 2019, Jojo Rabbit arriverà nelle sale italiane il 16 gennaio 2020.

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