La mia amica Zoe: una storia di amicizia, perdita e rinascita
“La mia amica Zoe”, opera prima di Kyle Hausmann-Stokes, racconta la storia di una veterana segnata dalla perdita della sua migliore amica, la cui presenza continua ad abitare la sua quotidianità. In un equilibrio fragile tra realtà e memoria, la protagonista si ritrova a fare i conti con un nonno silenzioso e un passato militare condiviso. Con delicatezza e ironia, il film esplora il lutto, la solitudine, la forza dell’amicizia e la possibilità di ricominciare, costruendo un ponte emotivo tra tre generazioni di soldati.
La mia amica Zoe: il trailer ufficiale
Con “La mia amica Zoe”, Kyle Hausmann-Stokes firma il suo primo lungometraggio attingendo direttamente dal proprio vissuto. Ex paracadutista dell’esercito statunitense, con anni di esperienza in Iraq, il regista trasforma le ferite invisibili della guerra in un racconto intimo e toccante. L’idea del film, maturata nel tempo e coltivata come una promessa personale, nasce da un episodio decisivo: l’incontro con un comandante che gli affidò una “missione” diversa, quella di raccontare la vita dei soldati attraverso il cinema.
Una narrazione che unisce le generazioni
Il film si costruisce attorno al delicato ritorno a casa di Merit, una giovane veterana reduce dall’Afghanistan. Segnata dalla perdita della sua migliore amica, Zoe, la cui presenza aleggia ancora come un’ombra familiare e costante, si rifugia nella casa di famiglia sul lago. Ad attenderla, il nonno, anche lui veterano ma del Vietnam, con cui i silenzi pesano più delle parole. Tre guerre diverse, tre epoche, ma un dolore comune: quello di chi torna a casa portando con sé qualcosa che non riesce a lasciare indietro.
La scelta delle protagoniste
A interpretare Merit e Zoe sono Sonequa Martin-Green e Natalie Morales, entrambe anche produttrici esecutive del film. Hausmann-Stokes affida deliberatamente a due donne i ruoli ispirati alla sua esperienza e a quella di un amico scomparso, rovesciando le convenzioni narrative del cinema bellico, che troppo spesso riserva agli uomini il centro della scena. Il regista punta a una rappresentazione che vada oltre il genere, mostrando veterane nella loro complessità, non ridotte a vittime o stereotipi.
Temi universali in una cornice intima
La forza del film risiede nella capacità di affrontare temi dolorosi con un tono sobrio, spesso punteggiato da tocchi di leggerezza. L’amicizia, il rimpianto, la lealtà che si trasforma in ossessione, il confronto generazionale e l’elaborazione del lutto diventano percorsi intrecciati, vissuti non solo da chi ha combattuto, ma da chi lotta ogni giorno con ciò che resta.
Il trauma non è spettacolarizzato, ma reso attraverso gesti minimi, sguardi interrotti, silenzi carichi di ciò che non può essere detto. La memoria di Zoe non è un fantasma spaventoso, ma una compagna silenziosa, una voce interna che guida Merit verso una difficile, ma possibile, forma di pacificazione.
Un racconto personale che si fa collettivo
Il lavoro di Hausmann-Stokes non è solo una testimonianza individuale, ma anche il frutto di anni di ascolto e dialogo con centinaia di altri veterani. La sceneggiatura si nutre di storie vere, esperienze condivise e riflessioni profonde sul senso della perdita e sull’importanza di ritrovare il coraggio di andare avanti. L’idea che il modo più autentico per onorare i caduti sia vivere pienamente la propria esistenza emerge con chiarezza e delicatezza.
Oltre a Martin-Green e Morales, il film vanta la presenza di interpreti come Ed Harris, Gloria Reuben e Utkarsh Ambudkar, arricchendo il racconto con sfumature emotive e presenze carismatiche.
credit image by Press Office – photo by Michael Moriatis