La mia vita con John F. Donovan recensione – Esce oggi al cinema La mia vita con John F. Donovan, l’ultimo film di Xavier Dolan, con un cast stellare, ad affiancare la star de Il trono di spade Kit Harington, Jacob Tremblay e i premi Oscar Natalie Portman, Kathy Bates e Susan Sarandon, un film che segna il debutto hollywoodiano di Dolan e che vede riportati sul grande schermo tutti i temi che lo hanno reso famoso nel mondo: la relazione madre/figlio, l’omosessualità, l’infanzia.

Rupert Turner (Ben Schnetzer), giovane attore, decide di raccontare la vera storia di John F. Donovan (Kit Harington), star della televisione americana scomparsa dieci anni prima, che in una corrispondenza epistolare gli aveva aperto le porte del cuore, svelando i turbamenti di un segreto celato agli occhi di tutti. Ne ripercorre così la vita e la carriera, dall’ascesa al declino, causato da uno scandalo tutto da dimostrare.

Il film passa dal tema dello show business a un’analisi più privata della vita quotidiana di un giovane uomo che lotta per diventare una grande star, per essere ricordato come un grande attore, e che allo stesso tempo vuole vivere liberamente il suo sogno e la sua vita.

E racconta di quanto sia difficile riuscire a fare tutto questo a Hollywood. Fondamentalmente la storia descrive come la celebrità cambia la vita privata delle persone e di come si affronta questa cosa a livello personale. È un film che tratta il tema della celebrità in maniera molta intima.

Il film comincia presentando ciascun personaggio della storia nel momento in cui viene a sapere della morte di John Donovan: il suo manager, sua madre, suo cugino, sua moglie, il suo amante segreto, sottolineando che la morte di John F. Donovan è un punto centrale della narrazione tanto quanto la sua vita.

Poi facciamo un salto in avanti al 2016, 10 anni dopo la sua morte. Rupert Turner, il ragazzino inglese con il quale John Donovan aveva avuto una corrispondenza epistolare segreta dieci anni prima, ora è un giovane uomo affascinante ed è diventato anche lui un attore. Rupert sta per pubblicare un libro. Attraverso le sue conversazioni con la giornalista che lo sta intervistando torniamo indietro al 2006, a due mesi prima della morte di Donovan.

È una storia molto particolare su un giovane uomo che nega la sua integrità, la sua personalità, la sua persona, per un obiettivo che potrebbe non raggiungere mai: diventare una star. E il ritratto che Xavier Dolan fa di Hollywood è molto cupo.

Dolan ha curato personalmente ogni singolo dettaglio estetico del film, inclusi i costumi, per essere certo che i personaggi fossero come li aveva immaginati lui. Ed è raro che un regista sovraintenda anche alla realizzazione dei costumi. Ogni personaggio ha una cromia ben precisa che si riverbera nel design dei set e aiuta a creare l’atmosfera del film.

Il film ruota attorno alle parole e alle emozioni, non alle esplosioni o agli effetti speciali. Ma al potere delle parole in una conversazione, che viene sfruttato al massimo e splendidamente da Xavier Dolan. I dialoghi obbligano gli spettatori non solo a sentirli, ma ad ascoltarli.

È un film che parla di identità e di diversità, ma anche dell’intolleranza che si verifica in ogni luogo del mondo. Il pregiudizio non è morto e sepolto, è ovunque, è di questo che parla il film, oltre che del fatto che si possa essere sé stessi.

La mia vita con John F. Donovan è la reminiscenza di un’amicizia. È un’amicizia di penna, in cui uno dei due corrispondenti, dopo anni dalla morte dell’attore a cui scriveva da piccolo, ricorda la loro amicizia.

La bellezza di questo film sono le parole e il potere delle parole.

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