L’Arabesque Design Gallery Milano: “Infinite moltiplicazioni”, arte e luce in scena
La galleria L’Arabesque di Milano ospita Infinite moltiplicazioni, un racconto visivo e poetico che parte dalla storia della SCAC per abbracciare un immaginario fatto di luce, velocità e metamorfosi urbana. Tra suggestioni futuriste e richiami teatrali, la città si trasforma in un palcoscenico onirico dove il tempo si moltiplica e i personaggi di un’opera senza tempo guidano lo spettatore in una danza che celebra movimento, memoria e visione.
A Milano, L’Arabesque Design Gallery apre le sue porte a un viaggio immaginifico e visivo intitolato Infinite moltiplicazioni. Un progetto che intreccia l’eredità visiva della Società Cementi Armati Centrifugati (SCAC) con la poesia della luce in movimento, attraverso installazioni, riferimenti storici e suggestioni ispirate al pensiero futurista.
Sotto il segno di Fortunato Depero, citato già in apertura come guida ideale e spirituale dell’intera narrazione, la mostra diventa un racconto visivo dove la luce si fa corpo e ritmo, attraversando lo spazio e il tempo con un’energia che non si arresta.
Dal Futurismo alla città che vibra di notte
Il cuore del progetto prende forma dal legame tra la SCAC e i protagonisti del Futurismo italiano. Negli anni in cui velocità, trasformazione e linguaggio visivo si fondevano per dare forma a una nuova estetica, l’azienda sceglieva di comunicare attraverso manifesti d’autore. Nascono così collaborazioni con nomi come Fortunato Depero, Ernesto Giuliano Armani e Riccardo Maroni: non solo grafica pubblicitaria, ma autentica ricerca visiva.
È in questa scia che Infinite moltiplicazioni rielabora oggi la sequenza visiva di pali della luce e traversine ferroviarie, elementi che divengono metafora di un mondo in accelerazione. Le forme si replicano in un susseguirsi dinamico, i colori vibrano e la prospettiva si apre su spazi cangianti, dove la materia si dissolve nella luce.
Milano come teatro di una notte vibrante
Quando il giorno lascia spazio all’oscurità, la città si trasforma. Le finestre si accendono come lanterne sospese, i palazzi diventano quinte teatrali. Milano prende vita in un notturno suggestivo dove personaggi immaginari – evocati dal balletto Le chant du rossignol – abitano lo spazio con una presenza silenziosa ma intensa.
L’Usignolo, simbolo di ascolto e armonia. La Dama di Corte, figura che attraversa la scena lasciando una traccia appena percettibile. Il Messo Giapponese, narratore cosmopolita di una città in dialogo con il mondo. E infine la Morte, presenza necessaria che ci ricorda il valore del tempo.
Il visitatore si trova così immerso in una narrazione visiva dove nulla è lasciato al caso. Tutto si muove, si duplica, si rifrange. La luce non è semplice strumento: è presenza, respiro, vibrazione. Milano diventa il punto di contatto tra visione e realtà, tra memoria industriale e proiezione artistica.
La notte, nella sua veste più teatrale, si fa cornice di riflessione e poesia. Lungo le vie illuminate, il ritmo della città si sovrappone a quello del cuore. E nel silenzio che accompagna la scena, risuona la domanda implicita: cosa resta quando il tempo ci attraversa?
credit image by Press Office – photo by L’Arabesque