Macchie e Frammenti: l’arte come linguaggio della percezione

Francesco Doria Lamba, insieme a Costantino Gucci, presenta “Macchie e Frammenti”, una serie di oggetti d’arte e di design che esplorano la percezione attraverso specchi, tappeti e quadri che frammentano la luce e invitano alla scoperta. Grazie alla collaborazione con Sirecom, i tappeti diventano superfici narrative che arricchiscono gli spazi. Ogni pezzo si trasforma in un frammento di pensiero che abita gli interni, portando un dialogo tra arte, materia e luce.

Macchie frammenti arte design

photo by Dario Borruto

Per Francesco Doria Lamba, la macchia rappresenta un invito a osservare ciò che ci circonda con occhi diversi. È un elemento che non copre, ma svela, rendendo visibile la stratificazione e la complessità che si cela dietro superfici apparentemente uniformi. L’artista interpreta la macchia come uno strumento che racconta la percezione in modo dinamico, mettendo in luce un processo in continua evoluzione.

Nella visione di Doria Lamba, l’immagine non è mai immobile, ma si trasforma in un mosaico di frammenti che cambiano in relazione alla luce, allo sguardo e al contesto in cui si trovano. Così, ogni osservazione diventa un’esperienza unica, invitando chi guarda a fermarsi, esplorare e scoprire nuovi dettagli che emergono solo nel tempo.

Un progetto condiviso con Costantino Gucci

In collaborazione con Costantino Gucci, nasce la serie “Macchie e Frammenti”, un percorso che esplora la fluidità del confine tra arte e design. In questo lavoro condiviso, arte e funzionalità si incontrano, superando le barriere tradizionali per generare oggetti che non si limitano a decorare, ma che invitano a un’interazione attiva con lo spazio.

La loro ricerca si concentra su oggetti che dialogano con chi li vive: specchi che riflettono immagini scomposte, tappeti che raccontano storie attraverso trame e colori, quadri che si proiettano oltre i limiti della tela per diventare superfici che respirano, riflettono e assorbono la luce.

Specchi, tappeti e quadri che diventano esperienze

Macchie frammenti arte design

photo by Dario Borruto

Nella serie “Macchie e Frammenti”, ogni pezzo si trasforma in un frammento di pensiero tangibile, capace di abitare sia lo spazio fisico che quello interiore. Gli specchi non riflettono semplicemente, ma frammentano le immagini, creando nuove prospettive che stimolano la riflessione e l’immaginazione.

I tappeti, realizzati in collaborazione con Sirecom, sono oggetti che superano la funzione decorativa, diventando elementi narrativi che definiscono lo spazio. Le loro texture e i loro motivi non sono solo decorativi, ma invitano a essere esplorati visivamente e tattilmente, come superfici che raccontano storie attraverso il colore e la materia.

I quadri, infine, non rimangono confinati a una superficie piana, ma si estendono nello spazio, trasformandosi in installazioni che cambiano con la luce e con lo sguardo. Ogni opera diventa così un’esperienza che stimola i sensi e invita alla contemplazione, trasformando ogni ambiente in un luogo di scoperta.

Intervista a Francesco Doria Lamba

Macchie frammenti arte design

photo by Dario Borruto

“A volte mi chiedo se davvero siamo in grado di vedere tutto.
Forse ci limitiamo a sfiorare le cose con lo sguardo, a rimanere sulla soglia. Accettiamo l’opacità come un compromesso.
Macchie e Frammenti nasce proprio lì: in quel punto in cui l’immagine si dissolve, e resta solo una traccia, qualcosa che sfugge, che non si lascia afferrare.
Il mio lavoro è da sempre un dialogo tra fotografia e disegno, due linguaggi che si rincorrono, si contaminano. La fotografia, che è sempre stata il mio punto di partenza, in questo progetto si fa da parte.
Al suo posto c’è la macchia. Un gesto che non descrive, ma suggerisce.
Una soglia.
Un errore che diventa apertura.”

Nella tua ricerca la “macchia” diventa chiave di lettura del reale. Come nasce questa metafora e in che modo orienta il tuo lavoro?

“La macchia non è nata da un concetto, ma da una necessità: quella di sospendere il bisogno di chiarezza, di lasciare spazio a ciò che non si mostra completamente. È una forma di resistenza all’immagine come documento, come prova. Invece di fissare, preferisco lasciare che qualcosa sfugga, che resti in bilico. Nel mio processo, la macchia è il primo gesto, una partenza intuitiva, senza cornice. Non illustra, non rappresenta. Innesca. È da lì che le cose cominciano: non da ciò che vediamo, ma da ciò che resta fuori campo.”

In “Macchie e Frammenti” il confine tra arte e design si fa sottile. Come affronti questa tensione tra espressione e funzione?

“L’intersezione tra arte e design, per me è uno spazio fertile. Non mi interessa creare oggetti “funzionali” in senso stretto, né opere che si chiudano solo nell’autorialità. Cerco un equilibrio instabile, in cui l’oggetto possa essere usato, ma anche interrogato. Un tappeto resta un tappeto, ma può diventare paesaggio, traccia, superficie simbolica. Uno specchio può riflettere, ma anche deviare, oscurare, trattenere. Non voglio risolvere questa ambiguità. Voglio starci dentro. È lì che il lavoro prende forma.”

Le tue opere sembrano invitarci a guardare oltre l’apparenza. Qual è il ruolo dell’ambiguità nella costruzione del senso nei tuoi oggetti?

“L’ambiguità è una strategia e una posizione. È lo spazio dove l’oggetto può respirare, trasformarsi nel tempo, generare più letture. Non cerco mai la chiarezza assoluta. Preferisco che un oggetto resti aperto, che non si dia tutto subito. Viviamo in un tempo che ci chiede di comprendere in fretta, di categorizzare ogni cosa. Io cerco invece una zona grigia, uno slittamento. L’ambiguità non è mancanza di senso, ma una soglia di possibilità. È ciò che ti fa tornare a guardare.”

Alcuni pezzi, come i tappeti e gli specchi, sembrano ribaltare la loro funzione originaria. Che relazione vuoi instaurare tra opera e fruitore?

“Mi interessa creare una relazione di prossimità lenta. Oggetti che ti chiedono di avvicinarti, di cambiare punto di vista. Un tappeto che non ti invita a calpestarlo, ma ti costringe a fermarti, a osservarlo come un paesaggio sospeso. Uno specchio che non riflette in modo neutro, ma disturba l’immagine, la devia. Cerco di sottrarre l’oggetto ai vincoli della pura funzionalità, e allo stesso tempo liberare l’opera d’arte dalla sua distanza assoluta dall’uso. Non cerco un oggetto utile, ma una presenza che abiti il tempo e lo spazio con significato. Qualcosa che resiste al consumo immediato. Un incontro, non un uso.”

credit image by Press Office – photo by Dario Borruto

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Da oltre 18 anni lavora nel mondo dei media e della comunicazione e si occupa di creare contenuti per il web e i social media. Dalla formazione in Filosofia presso l'Università La Sapienza di Roma, approda nel mondo digital dove ha collaborato con molti network editoriali italiani. Iscritta all'Albo dei Giornalisti nell'elenco Pubblicisti. Nel 2019 ha fondato il magazine digitale GlobeStyles. Dal 2019 è anche responsabile Lifestyle di Quotidiano Motori.

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