Pirelli HangarBicocca presenta “The Feeling of Things”, la più grande retrospettiva mai realizzata sul lavoro di Matt Mullican, uno degli artisti americani più riconosciuti, attivo dall’inizio degli anni Settanta e pioniere dell’utilizzo dell’ipnosi come pratica performativa nell’arte.

Il progetto espositivo, che include migliaia di opere, immerge il visitatore nell’articolata cosmologia dei “cinque mondi” concepita dall’artista: un singolare sistema di rappresentazione della realtà composto da immagini, pittogrammi, icone, codici, segni, simboli e colori. Un vocabolario visivo capace di interpolare tradizioni, studi scientifici, credenze e culture di tempi e geografie differenti per interrogarsi sulle questioni esistenziali di sempre e sugli aspetti più ermetici e profondi della vita.

In Pirelli HangarBicocca vengono presentati oltre quarant’anni di lavoro di Matt Mullican a iniziare dagli anni Settanta in cui frequenta, come allievo di John Baldessari, il California Institute of the Arts di Valencia (USA), la scuola di belle arti supportata, tra gli altri, da Walt Disney, fino ad opere recenti, del 2018, realizzate appositamente per la mostra di Milano.

Un percorso che restituisce nella sua totalità l’abbondante produzione dell’artista e la straordinaria varietà di media utilizzati: sculture, grandi installazioni, opere su carta, in vetro, pietra, metallo, manifesti, multipli ed edizioni, neon, fotografie, dipinti eseguiti con la tecnica del frottage, video, performance, lightbox e progetti al computer e di realtà virtuale.

Oltre a un campionario iconografico vastissimo: Mullican dà vita ai suoi personali pittogrammi (“Signs”) attingendo da elementi tratti dal mondo dei film e dei fumetti, dalle icone contemporanee di comunicazione, così come dalla segnaletica degli aeroporti, da illustrazioni scientifiche, da immagini derivate da diverse tradizioni (come i mandala hindu, immagini tantriche e simboli indiani hopi) e da altre di carattere primordiale, relative anche all’idea di nascita e morte, del fato e del destino.

La mostra, a cura di Roberta Tenconi, occupa i 5.500 metri quadrati delle Navate e del Cubo di Pirelli HangarBicocca. I visitatori sono invitati a percorrere questo spazio addentrandosi all’interno di un’imponente struttura architettonica rettangolare, suddivisa in cinque aree di diverso colore i cui tratti rimandano alle iconiche cosmologie dell’artista.

La pratica artistica di Mullican si accompagna con due principali modi di operare con il costante obiettivo di approfondire e esaminare la relazione tra realtà e percezione e fornire una struttura a ogni aspetto della condizione umana.

Il primo è rappresentato dai “cinque mondi”, una vera e propria cosmologia con cui mostra come la comprensione del reale sia una costruzione del tutto interiore e forgiata dall’immaginazione: ogni mondo corrisponde a un diverso livello di percezione ed è rappresentato da altrettanti colori. Verde per gli elementi fisici e materici; blu per la vita quotidiana; giallo per le arti; nero per il linguaggio e i segni; rosso per la comprensione soggettiva.

Il secondo è rappresentato dall’esplorazione dell’inconscio attraverso la pratica dell’ipnosi e di stadi di profonda concentrazione. Nella condizione di trance indotta, Mullican afferma di diventare un’altra persona diversa da se stesso, That Person, un’entità senza età e asessuata, ma con una sua personalità e in grado di realizzare opere.

Il percorso espositivo inizia con quattro stendardi sospesi (banner), tra i più grandi mai realizzati dall’artista e commissionati originariamente per gli spazi di Le Magasin di Grenoble nel 1990. Lungo la navata, inoltre, otto banner rossi – originariamente presentati sulla facciata del Museum of Contemporary Art di Los Angeles – (Untitled, 1986) e uno stendardo giallo parte della serie di dieci concepita per le imponenti vetrate della Neue National Galerie di Berlino (Untitled, 2006) incorniciano lo spazio secondo i colori e i simboli della cosmologia dei “cinque mondi”.

La prima area che si incontra è formata da un ampio semicerchio di colore rosso, in cui vengono presentate una serie di opere che scandagliano i meandri più remoti della psiche e della soggettività dell’artista, introducendo la figura di That Person, come Untitled (Learning from That Person’s Work) (2005). Il lavoro, costituito da un grande labirinto di lenzuoli su cui sono incollati una serie di disegni realizzati da That Person, mostra un intrico di testi, numeri, immagini e diagrammi, che svelano alcuni aspetti della sua personalità.

La mostra prosegue con l’area dedicata al tema della comunicazione e del linguaggio, rappresentata dal colore nero, in cui viene esposta – su tavoli e su oltre centoventi bulletinboard, il sistema espositivo largamente utilizzato dall’artista e costituito da semplici piani di legno – un’incredibile raccolta di opere su carta tra disegni, fotografie, progetti di libri, stampe e pagine dei Notebook ossessivamente compilate da Mullican.

Tra queste spicca la serie di collage tratti da fumetti, come Details from a Fictional Reality (1973) e Details from an Imaginary Universe (1973): attraverso i ritagli delle strisce animate l’artista si immagina l’esistenza dei personaggi al di fuori, o prima, della storia stessa. L’idea di analizzare una vita fittizia torna in Untitled (Birth to Death List) (1973), poetica descrizione di un’anonima figura femminile dalla sua nascita alla morte in una lunga sequenza di brevi enunciati.

In questo spazio di colore nero vengono anche presentati diversi libri in cui Mullican affianca testi, appunti, disegni a immagini fotografiche o provenienti da internet o da celebri pubblicazioni. Interamente dispiegati e affrancati con puntine nelle loro singole pagine sui bulletinboard, la selezione include: Notating the Cosmology (1973-2008); Untitled (Histoire Illustree de la Fonction Cerebrale) (2011); The Meaning of Things (2014); Illustrated Anthology of Sorcery. Magic and Alchemy (2016) e Man and his Symbols (2016). In occasione della mostra, inoltre, l’artista ha riaperto il suo archivio fotografico, presentando per la prima volta una selezione di oltre duemila fotografie, da quelle analogiche degli anni Settanta, Ottanta e Novanta fino ai suoi scatti digitali più recenti.

Al centro del percorso espositivo si trova l’area gialla, che simboleggia il mondo della cultura, della scienza e dell’arte, in cui trova spazio una serie di opere che ripropone l’ordine dell’intera mostra. La principale, matrice originaria dell’esposizione, è M.I.T. Project (1990), una struttura meta architettonica, in cui oggetti e materiali di diversa natura sono organizzati secondo un ordine prestabilito.

L’installazione è stata presentata per la prima volta presso il Massachusetts Institute of Technology di Cambridge in occasione di una personale dell’artista e successivamente in diverse varianti, tra cui una esposta a documenta IX nel 1992 a Kassel, ed è ora parte della collezione del MACBA di Barcellona. Questo progetto nasce inoltre dallo sviluppo di un lavoro precedente, Computer Project (1989-1990), in cui in modo assolutamente pionieristico per i tempi, Mullican crea una mappa virtuale di una città immaginaria.

“The Feeling of Things” prosegue con la sezione blu, dedicata al mondo della vita quotidiana, dove l’artista ripropone il tema della città ideale, attraverso opere su carta, in granito e in vetro, e lightbox. In Untitled (1989), restituzione di Computer Project, Mullican crea una serie di lightbox, in cui sono presentate immagini e vedute generate al computer tratte da questo lavoro.

In questa area, inoltre, viene mostrata una serie di film e video, dai primi girati in super 8 negli anni Settanta, con cui Mullican descriveva il mondo attorno a lui, al celebre Elevated (2005), poetico ritratto della città di New York composto a partire da materiale found footage risalente al 1934 e con le musiche di David Lang. Infine un’area circoscritta di colore giallo, non accessibile al pubblico e visibile solo dall’esterno, è stata pensata come studio ideale di That Person e dove si trovano oggetti quotidiani ed elementi d’arredo che caratterizzano la sua vita, oltre a due importanti sculture degli anni Settanta che rappresentano la stilizzazione di una persona, Head and Body (1973) e Sleeping Child (1973).

La grande struttura architettonica si chiude con l’area verde, che nella cosmologia di Matt Mullican rappresenta il mondo naturale, della materia e degli elementi. Qui l’artista mostra una selezione di oggetti readymade, alcuni dei quali provenienti da collezioni di musei cittadini, come ossa, animali impagliati, pietre, insetti, semi e minerali, in prestito dal Museo di Storia Naturale, ed esemplari di macchine e modelli legati all’impiego del vapore e alla produzione di elettricità, appartenenti alle collezioni del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci. Nella sezione sono inoltre presentate due delle prime opere di Mullican, Light Patterns (1972) e Color Light Patterns Under Green Light (1972), cartoncini di carta colorata esposti a fonti differenti di luce, con cui viene indagata la natura della percezione umana e la sua relatività.

Il percorso espositivo si chiude nello spazio separato del Cubo con la presentazione di oltre settanta Rubbings, dipinti eseguiti con la tecnica del frottage, composti a partire dal 1984, che ricoprono interamente le quattro imponenti pareti del Cubo. Di notevole suggestione il Dallas Project (1987), originariamente concepito per il Dallas Museum of Art e presentato qui nella sua terza versione (Dallas Project (Third Version), 1987), che si compone di circa 400 fogli in bianco e nero, che raccolgono l’intera cosmologia di Mullican. Tra gli altri grandi cicli viene anche presentato Untitled (two into One becomes Three) (2011), opera di grandi dimensioni in giallo e nero, oltre alle 449 tavole in magnesio incise di Untitled (New Edinburgh Encyclopedia Project) (1991), rilievi delle pagine di un’enciclopedia posseduta da Mullican e qui esattamente copiata, poste su 49 tavoli al centro della stanza.

credits image: Matt Mullican, “The Feeling of Things”,
Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018.
Courtesy dell’artista e Pirelli
HangarBicocca, Milano.
Foto: Agostino Osio