A Pitti Uomo 93, Lardini presenta la collezione/guardaroba del prossimo autunno inverno 2018 2019, che è scandita con assolta precisione nell’imprinting delle strutture e nella completezza di tipologie di capi, materie e motivi.

Troviamo giacche e pantaloni costruiti con accuratezza quasi architettonica ma senza alcuna rigidità. Le prime sono
spesso sfoderate, perché basta la texture per dar loro la giusta prestanza. I cappotti e l’outerwear propongono un lessico intero di modelli, quasi tutti a ginocchio coperto – peacoat, montgomery, field jacket, trench, parka, pastrani “demilitarizzati”.

Non mancano i bottoni d’osso, gli interni in vaiella da camiceria, le martingale. E’ ampio lo spettro materico: cachemire, mohair, alpaca, camel hair, shetland, lambswool, solaro lucido/opaco, canvas ben robusto, di volta in volta mossi a resca, a crochet, a giro inglese, a nido d’ape. Le “new entry” di stagione sono il “woold” – mix di lambswool e shetland – e il “mowear”, un incontro tra lana ritorta a filo grosso e viscosa strech, con un effetto visivo di tridimensionalità: una texture esclusiva e waterproof con prestazioni simili a quelle del jersey.

Alta e nobile: così è l’anima dei look “Sartoria”. Al di là dell’eccellenza della materia e dei tagli, sono le suggestioni “new dandy” a conquistare, per esempio le combinazioni a effetto tra i tre pezzi del completo con un pattern importante, e una camicia overcheck. Ardito ma compatto: l’outfit risulta dotato di un’armonia quasi “unlimited”, da crearsi ad personam. La Sartoria Lardini offre uno stile in cui, chi ne ha volontà, può cogliere “ciò che fa per sé”. Come se andasse dal sarto con l’idea precisa dell’abito che desidera.

Il knitwear vive di vita propria, ma si avvicina anche ai look in tessuto per completarli. Dolcevita, cardigan, pull a V e gilet riportano alla contemporaneità un certo flair che parte dagli anni Trenta per arrivare ai Cinquanta. Ciò vale per certi cardigan goffrati in mohair e seta, e per i gilet, con il dietro monocolore e la parte inferiore a coste e il davanti a micro-motivi a tre fili e in tre tonalità.

Si assottiglia la barriera tra il blazer di tessuto e quello di maglia. La proposta è decisamente ampia e suggerisce tutto il sapore del “fatto a mano” in filati esclusivi che affiancano baby alpaca, lane non plus ultra con techno-texture a titolo di sostegno.

Camicie e cravatte non sono né complementi né “accessori”. Per le prime è assai variato sia il panorama materico – texture seriche a stampa, jacquard, fil coupé, velluto e denim – sia l’insieme degli interventi, come i lavaggi che cancellano l’impressione di “troppo nuovo”. Dettaglio immancabile: il pin collar, che tiene ben aggiustata la cravatta, più corta come negli anni 60’ e che può essere one tone o rigata a contrasto, in seta, lana, mohair o anche lavorata a jacquard.

L’orizzonte cromatico spazia tra toni collocabili tra calore e vivacità, sempre sottesi da blu e marrone come colori-guida: dal giallo e verde acidi, al bruciato, al cammello, al senape. Sono quasi un’illusione ottica i gessati irregolari, in cui la rigatura in lino pare svanire, per poi ricomparire in un diverso punto della superficie del capo, oppure cambiare sfumatura e intensi.