Ci sono due semplici motivi per andare a vedere Rocketman, il film sulla vita di Elton John diretto da Dexter Fletcher nelle sale italiane dal 29 maggio. Il primo è la musica, per una colonna sonora leggendaria come quella di Bohemian Rhapsody. Il secondo sono i costumi, per la loro brillantezza, sia metaforica che reale, e per l’eccentricità a volte surreale.

Rocketman è un film che esplode dagli schermi, anche grazie all’interpretazione frizzante di Taron Egerton, nei panni della star internazionale ed icona indiscussa della pop culture. Tra un condimento di occhiali eccentrici e straordinarie performance musicali, il film ci accompagna nella trasformazione di un giovane prodigio del pianoforte timido ed insicuro, Reginald Dwight, nella superstar che tutti conosciamo come Elton John. Nel suo viaggio scopriamo anche Bernie Taupin – interpretato da Jamie Bell –, il suo più vecchio amico e partner musicale, John Reid – Richard Madden – il primo manager e la madre Sheila Farebrother – Bryce Dallas Howard.

Da sua stessa ammissione, quella di Elton John è stata una vita abbastanza folle, dove i bassi toccavano davvero il fondo e gli alti raggiungevano la stratosfera. Per lui, sfortunatamente, non è mai esistita una via di mezzo. Per questo il film rimane irriverente e grezzo, una finestra su un periodo notoriamente burrascoso e problematico nella vita di un grande artista e la canzone Rocket Man è la chiave per capirlo al meglio. Giustamente, se si considera che è anche il titolo del film.

La rappresentazione della canzone Rocket Man è una dichiarazione audace degli alti e bassi della vita di Elton, inizia sul fondo di una piscina e finisce in uno stadio. È la rappresentazione ideale e vera di un uomo al picco del proprio mondo ma profondamente solo. Elton John all’epoca era la più grande star al mondo, così grande che si ritrovava isolato ai confini del suo universo. Era completamente distaccato dalla “vita vera”. La possibilità di un vero amore e di vere connessioni era un’idea astratta ed elusiva. Rocket Man cattura melodicamente e liricamente tutto questo.

L’altro potente strumento narrativo, oltre le canzoni, sono i costumi. Julian Day, costume designer del film Bohemian Rhapsody e di altre icone musicali, si è messo davvero alla prova. Il suo lavoro, infatti, non è mai stato quello di riprodurre gli stessi outfit indossati da Elton, ma quello di interpretarli trasportando la fantasia della musica il più in là possibile. Ogni costume rappresenta un momento della vita di Elton, alcuni sono semplici abbellimenti, come l’aggiunta di sequenze di cristalli. Altri invece, sono creazioni del tutto nuove come il costume da Diavolo, un altro elemento significante della storia.

Il “Diavolo” riflette la lotta tra luce e buio nella vita di Elton. Inizialmente è come un’armatura necessaria ad intraprendere il percorso di guarigione, ma più va avanti, più i pezzi dell’armatura cominciano a cadere. Tutti i costumi di Elton sono incredibilmente audaci, a volte assurdi, in opposizione a tutte le insicurezze che in realtà provava interiormente.

Incominciò ad indossare costumi sempre più oltraggiosi per seguire il desiderio di costruire una performance straordinaria. È una cosa molto britannica che lo mette al fianco di altri grandi della musica. The Rolling Stones, The Beatles, The Kinks, The Who, David Bowie, T. Rex, Rod Stewart, vengono tutti da una lunga stirpe di artisti inglesi per cui l’idea di mettere su uno show e di esibirsi aveva bisogno di costumi. Mick Jagger e Bowie indossavano le cose più straordinarie, e non si limitavano agli abiti. Marc Bolan è stato tra i primi ad esibirsi con il mascara sulle ciglia. Rocketman è una fantasia musicale scoppiettante e travolgente che ha qualcosa da insegnarci, su di noi e l’amore che proviamo per noi stessi.