Vizio di forma recensione – California 1970: è la terra degli hippie, dei fattoni. Droga, sesso, surfisti sassofonisti e sbirri rinascimentali sono il pane quotidiano. Così come prostitute, agenti della FBI, traffici di droga su fantomatiche barche dai nomi esotici e misteriosi, brutalità della polizia ed ex fidanzate che continuano a ricomparire chiedendo favori.

Ma di cosa parla esattamente Vizio di Forma? E soprattutto cosa significa questo titolo un po’ enigmatico?

Partiamo rispondendo al secondo quesito, Vizio di forma, che in inglese viene espresso nella formula Inherent Vice, è un termine puramente legale  e si riferisce ad “un difetto celato in un bene o in una proprietà, che causa o contribuisce a causare il suo deterioramento, danno o eliminazione. Questi difetti di natura intrinseca, rendono l’oggetto di un rischio inaccettabile per un vettore o assicuratore. Esempi di vizi di forma includono combustione spontanea, ruggine, ecc..”

Per schiarirvi ancora di più le idee credo sia meglio passare direttamente alla trama del film, che è tratto dal settimo e più divertente romanzo di Thomas Pynchon, e per chi fa caso alle coincidenze, questo, si tratta anche del settimo film scritto e diretto da Paul Thomas Anderson.

Così come il romanzo di Pynchon non era un classico racconto poliziesco, così il film è avvolto nelle nebbie caleidoscopiche e in luci al neon caratteristiche della controcultura americana.

Tutto ha inizio una sera, quando Shasta Fay Hepworth ex ragazza di Larry Doc Sportello (piccola postilla: non aspettatevi nomi normali, sono tutti piuttosto pittoreschi) si rifà viva all’improvviso chiedendogli aiuto. Shasta (Katherine Waterston) racconta a Doc (Joaquin Phoenix) una storia sul suo attuale fidanzato miliardario e magnate dell’immobiliare Mickey Wolfman, del quale si dice innamorata, secondo cui starebbe per finire vittima di un raggiro della moglie e del suo amante, per farlo rinchiudere in un manicomio e godersi in santa pace i suoi soldi.

La cosa, detta così sembra abbastanza semplice, ma non tutto è come appare e ben presto Doc si trova invischiato in qualcosa di molto più grande di lui che lo porta letteralmente in paranoia.

Inizia allora un inseguimento di femme fatales, tra cui la stessa Shasta, Jade (Hong Chau)  Manager del Chick Planet, il fantomatico “salone di massaggi”, dove Doc scopre che la trama si infittisce, Penny Kimball (Reese Witherspoon), vice Procuratore Distrettuale di Los Angeles e occasionale compagna a cui chiede aiuto, Hope Harlingen (Jena Malone), ex tossica che ingaggia Doc per scoprire cosa sia successo a suo marito Coy, ritenuto morto e Japonica Fenway (Sasha Pieterse), figlia ribelle di Crocker Fenway, un tempo salvata da Doc da un non ben specificato problema hippie, che in un modo o nell’altro si ritrova immischiata nella vicenda.

Il mistero va man mano infittendosi attraverso un intreccio di domande su come sia stato possibile corrompere il commerciante di terreni Mickey Wolfmann (Eric Roberts), cosa sia successo al sassofonista surf-rock Coy Harlingen (Owen Wilson), e in che modo il suo ex cliente Crocker Fenway (Martin Donovan) sia connesso con la misteriosa barca Golden Fang, ma Doc riuscirà alla fine a risolvere tutti questi enigmi?

Ad aiutarlo ci sarà anche il “famoso” sbirro rinascimentale, il Tenente Detective Christian F. “Bigfoot” Bjorsen (Josh Brolin) che ha un rapporto di amore ed odio con Doc e una passione per le banane ricoperte di cioccolato, ma non per questo meno volenteroso di scoprire cosa sta succedendo. Larry Doc Sportello, avrà anche l’assistenza di Sauncho Smilax (Benicio del Toro), avvocato specializzato in diritto marittimo e di Sortilége (Joanna Newsom) ex impiegata di Doc dotata dell’insolita qualità di riuscire a vedere forze invisibili, risolvere rompicapo emotivi e comprendere l’amore, nonché voce narrante del film.

Protagonista nel sotto testo della storia è, soprattutto una sensazione, che le promesse fatte alla gente in quell’epoca stavano per essere disattese. Ed questo tema ricorrente nei lavori di Pynchon sin dagli inizi, su cui si concentra Paul Thomas Anderson, facendosi surrogato delle  preoccupazioni di Pynchon sul destino dell’America”. Nel 1970, infatti la realtà era proprio questa: mentre molte persone osservavano il sogno Californiano del ritorno alla natura che lasciava il posto agli affaristi terrieri ed ai costruttori edili, allo stesso tempo, la scena gioviale della marijuana fai-da-te cedeva il passo ai cartelli burocratici dell’eroina dall’estensione globale; gli ospedali psichiatrici venivano svuotati in favore di centri di “recupero” a fini di lucro; e un’era di vivace attivismo politico veniva guidato da una rete segreta di spie, infiltrati e giochi sporchi. Perfino in televisione, i telefilm polizieschi diventarono commedie. Una generazione osservò con disappunto la pace, l’amore e la comprensione contorcersi sotto il peso della cupidigia, della sorveglianza e dell’oscurità.

Doc dunque diventa il testimone dei cambiamenti, non  solo nella sua Gordita Beach, ma in tutta Los Angeles, e la sua paranoia è accentuata sì, dall’uso di droghe, ma anche dai presagi che rileva.

E alla fine, usciti dal cinema, la domanda che sorge spontanea a noi e a Doc è: “Ma che diavolo è successo?”.