“Damsel”, disponibile esclusivamente su Netflix, diretto da Juan Carlos Fresnadillo e interpretato da Millie Bobby Brown, è il film che sfida le convenzioni, offrendo un racconto empatico e coinvolgente che celebra l’empowerment femminile. 

Damsel Netflix: il trailer ufficiale

Netflix presenta “Damsel“, il film che segna una svolta nell’universo delle fiabe tradizionali, portando sullo schermo una storia di empowerment femminile e avventura. Con Millie Bobby Brown nel ruolo di Elodie, una principessa determinata e astuta, che si trova ad affrontare una situazione disperata: promessa in sposa a un affascinante principe, scopre ben presto che la sua vera sorte è essere sacrificata per saldare un antico debito della famiglia reale. La trama si dipana in un crescendo di tensione e suspense, dove Elodie dimostrerà coraggio e ingegno per sottrarsi al suo destino.

Il film, scritto da Dan Mazeau è prodotto da un team stellare che include Joe Roth, Jeff Kirschenbaum e Chris Castaldi, con la partecipazione di Millie Bobby Brown anche in veste di produttrice esecutiva. La produzione vanta inoltre un cast stellare composta da Ray Winstone, Nick Robinson, Shohreh Aghdashloo, Angela Bassett e Robin Wright.

“Damsel” è una rivisitazione moderna e audace della fiaba classica, dove la protagonista non attende il salvataggio, ma prende in mano le redini del proprio destino.

L’intervista a Millie Bobby Brown

Quale aspetto del ruolo e di questo film in generale ti ha attratta di più?

“Credo sia stata la sfida iniziale che ha rappresentato. Dopo aver letto il copione, ricordo di aver pensato: “Wow, non ho mai fatto nulla in cui non ho dovuto condividere la responsabilità di una scena”. Perché in genere nel mio lavoro devo coesistere con qualcun altro. In Stranger Things ho dei compagni di cast meravigliosi da cui posso dipendere. E in Enola Holmes posso dipendere da Henry Cavill o da Louis Partridge. Ma con Damsel mi sono resa conto che sarei stata da sola e avrei dovuto dare il meglio di me ogni giorno. Questa è stata la prima cosa che mi ha incuriosito. La seconda è stata la potenza di questo ruolo. Elodie diventa una persona incredibilmente diversa da quella che è all’inizio. Si trasforma in una donna che non pensava di poter diventare. E credo che questa sia una trama importante in cui molte donne e ragazze potranno immedesimarsi.”

Questo è il tuo terzo film come produttrice esecutiva. In che modo Damsel rientra nell’evoluzione della tua carriera da quel punto di vista?

“Amo davvero poter creare sullo schermo e fuori dallo schermo, e poter produrre i titoli in cui recito è una cosa meravigliosa. Mi piace poter creare cose che mi appassionano, far parte di una conversazione più ampia del semplice ruolo, poter dare forma a una storia, trovare il cast e persone che possono realizzare tutto ciò. Questo film in particolare ha avuto un impatto incredibile sulla mia carriera. Non ho mai lavorato a un progetto come ho fatto per questo film. Ogni giorno tornavo a casa e dormivo come un sasso. Ero esausta perché ci mettevo davvero il cuore e l’anima. Non appena finivo una ripresa, guardavo il playback, tornavo indietro e modificavo la mia interpretazione, dando a me stessa delle note oltre a quelle che ricevevo da Juan Carlos su ogni singola ripresa. Mi affascina molto la produzione e mi piace faressere parte di ciò che accade dietro la macchina da presa.”

In che modo questo film capovolge il concetto di damigella in pericolo? Come riscrive la formula delle fiabe?

“È una cosa che ho amato da subito di questo film. È una damigella che non ha bisogno di essere salvata. Per molti versi si salva da sola. Sovverte i canoni tradizionali: ci si aspetta che il principe si volti e la salvi, e invece no. Ci sono sempre e solo delusioni. Non aspettate il principe. Credo che quando tutti gli uomini della vita di Elodie la deludono, lei diventa la figura maschile nella sua vita. Mi piace il fatto che sfidi le probabilità. È in difficoltà, ma diventa una guerriera. E non so se sapesse di esserne capace, ma è proprio questo il bello della storia: lei trova se stessa lungo il percorso di questa esperienza traumatica e intensa.”

Qual è stato il tuo approccio al ruolo di Elodie?

“Volevo essere il più sincera e cruda il più possibile. Non volevo limitarmi a un’interpretazione superficiale di ciò che potesse essere. Ho dovuto scavare molto a fondo nella mia personalità e ho usato molte esperienze personali per trasformarmi in lei. Non potevo limitarmi a dare il 20%. Dovevo essere presente al massimo. Per la maggior parte del film non ho avuto altri attori intorno. La troupe era il mio cast, erano le persone da cui dipendevo. È stata davvero un’esperienza meravigliosa, ma ha anche cambiato la persona che sono adesso. La mia interpretazione di Elodie è dipesa molto da chi sono realmente e da ciò che ho dovuto trovare dentro di me per portarla in vita.”

Ti sei ispirata a qualche altra eroina di altri film o generi?

“Non c’è mai stata una storia come questa, quindi non potevo attingere da nulla perché personalmente non ho mai letto nulla di simile a Damsel. Per il ruolo di Undici posso attingere da Mad Max. Oppure, per Enola, posso ispirarmi un po’ a Hermione di Harry Potter. Non trovando nessuna fonte di ispirazione per Elodie sapevo che avrei dovuto crearla, trovarla lungo il percorso, scoprire quali sono le sue debolezze e i suoi punti di forza e ideare davvero una vita e un percorso in modo che tutti si interessassero a lei, credessero in lei e facessero il tifo per lei. È stato un processo davvero complicato. È stata un’altalena di emozioni, costruire un arco evolutivo per questa figura e interpretarla. Voglio dire, ho 19 anni e cambio di continuo. Non ho ancora stabilito chi sono come persona, come Millie, quindi per cercare di costruire l’arco evolutivo di questo personaggio, quando io stessa sto cambiando e imparando a conoscermi ogni giorno… ho dovuto imparare a farlo man mano che andavo avanti. Pensavo a cose tipo: “Ok, se è davvero brava a fare questo, allora forse è molto, molto brava in questo aspetto della sopravvivenza e lo userò nella prossima scena”. L’ultimo giorno ho capito finalmente chi fosse!”

Com’è stato lavorare con Juan Carlos Fresnadillo?

“JC aveva un’idea precisa ed era molto appassionato. Aveva in mente delle inquadrature specifiche, uno storyboard. In pratica creava i set nella sua testa. E mi ha lasciato piena libertà su come interpretare Elodie. Ovviamente aveva le sue idee e sensazioni riguardo a lei, ma si è anche fidato abbastanza di me da passarmi le redini e lasciarmela creare come volevo. Dopotutto, lui non è una donna giovane. Quindi, è stato molto bello che un regista si fidasse di me per crearla da sola. Ma è stato anche molto bello avere un regista con le idee chiare e una visione meravigliosa.”

Com’è stato girare nelle grotte?

“Beh, ti dirò che le grotte erano soprattutto funzionali. Sono state progettate meravigliosamente, erano molto complesse e tattili. Tutto sembrava reale. Abbiamo girato in alcuni grandi capannoni a Londra. Una volta entrati ci si sentiva immediatamente immersi. Non c’era nessuna finzione. Non c’era uno sfondo verde. Aggiungo che non è stato molto divertente entrarci. Ma ho pensato: “Elodie odia entrarci e non vuole trovarsi qui”. È stato difficile attraversarle, è stato difficile calarsi al loro interno. Era difficile urlare, perché nessuno mi sentiva. Non si riusciva a vedere nulla. Tutto sembrava così reale. Quindi, le ho amato le grottee come attrice, ma le ho odiate come Elodie. Sono anche un po’ claustrofobica, quindi alcune scene sono state difficili. La scena del tunnel in cui cado in avanti a testa in giù… è un’inquadratura davvero bella, ma ero così spaventata che abbiamo riorganizzato alcune cose e dietro di me la mia assistente e mio fratello mi tenevano le gambe. Mi tiravano fuori quando l’ansia diventava troppo forte. Ma abbiamo completato la scena in due riprese sfruttando tutta l’ansia che ho provato.”

L’incredibile costumista del film, Amanda Monk, ha definito l’abito di Elodie come “un costume-kit di sopravvivenza”. Puoi parlarci un po’ dell’abito e di come è stato utilizzato?

“Gli abiti di quel periodo sono le cose peggiori in assoluto. Indossando un corsetto e poi diciassette strati sopra ci si sente limitati, che è proprio ciò che la società voleva all’epoca. Volevano che le donne si sentissero intrappolate, che si sentissero inutili. Non potevo muovermi! Quindi cercare di mettere un microfono su quell’abito da sposa è stata una follia. Poi, man mano che il film procedeva e che toglievamo ogni strato, è diventata un’esperienza molto liberatoria. Alla fine del film, quando si vede il vestito strappato ed Elodie indossa un solo strato, lì lei Elodie mostra la sua vera natura. C’è un grande simbolismo.”

Come sono stati gli stunt? Ti sei allenata in qualche modo per eseguirli?

“Ho fatto tutti gli stunt dall’inizio alla fine. La parte più difficile è stata arrampicarsi, anche se pensavo che sarebbe stata la più semplice, perché ho fatto arrampicata su roccia quando ero più giovane. Ma questa non era la stessa cosa. Ero nella grotta, appesa a un filo e quelle non erano rocce, ma cristalli scivolosi. Ai piedi indosso la stoffa del mio vestito, quindi non avevo una buona trazione. Questa è stata probabilmente la cosa più difficile per cui ho dovuto allenarmi. A parte questo, volevo fare errori. Volevo scivolare. Volevo cadere. Non volevo allenarmi troppo perché non volevo che sembrasse che conoscessi troppo bene quelle grotte. Il mio approccio è stato: “Azione! Seguitemi e speriamo che sopravviva”.”

Qual è stata per te la parte più gratificante di questa esperienza?

“La consapevolezza di poter contare su di me stessa. Avere la conferma che sono affidabile e che posso dare il massimo quando serve. A volte pensi che come attore devi condividere la scena, ma in questo caso per me è stato davvero gratificante recitare da sola ed essere sempre presente, anche quando ero stanca, quando non mi sentivo bene.”

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