Esce il 5 febbraio su Prime Video, Una gran voglia di vivere, il nuovo film diretto da Michela Andreozzi, liberamente tratto dall’omonimo romanzo, edito in Italia da Mondadori, scritto da Fabio Volo, che ne è anche protagonista insieme a Vittoria Puccini. Al centro della storia una coppia, quella formata da Anna e Marco, apparentemente arrivata al capolinea, che intraprende un viaggio con il figlio Tommaso in cerca di un ultimo tentativo di riavvicinamento.

Una gran voglia di vivere: il trailer ufficiale

La sceneggiatura è firmata dalla stessa Andreozzi insieme a Volo e a Filippo Bologna (premio David di Donatello per Perfetti sconosciuti). Nel cast Paola Tiziana Cruciani, Rocío Muñoz Morales, Corrado Nuzzo e il giovanissimo Ludovico Nava. Girato tra l’Italia e la Norvegia, Una gran voglia di vivere è prodotto da Isabella Cocuzza e Arturo Paglia per Paco Cinematografica, in collaborazione con Prime Video e RTI.

La trama

Milano, giorni nostri. Marco e Anna, dopo anni di convivenza serena e la nascita di Tommaso, sono in crisi nera. Eppure, il loro sembrava un amore in grado di mantenere le promesse. Ma non è bastato. Quando Anna propone a Marco un trasferimento a Ibiza per ricominciare insieme una nuova avventura, Marco rifiuta.

Ma quando a lui viene proposto un trasferimento per lavoro ad Amsterdam, inizia a pensarci, senza avere però il coraggio di dirlo ad Anna. Per non infrangere una promessa fatta a Tommaso, decidono di partire per la Norvegia, ripromettendosi di prendere una decisione sul matrimonio alla fine del viaggio. Durante quel magico e indimenticabile giro in camper per le terre dei fiordi, recupereranno in modo
naturale ed insperato il loro rapporto. Fino al momento in cui Anna scoprirà che Marco le ha tenuto nascosta la proposta di lavoro ad Amsterdam…

“L’idea di adattare per il cinema il romanzo di Fabio Volo “Una gran voglia di vivere” – un grandissimo successo editoriale come tutti i suoi libri – mi è nata durante il secondo lockdown. Avevamo appena finito di girare il mio terzo film, “Genitori vs influencer”, di cui Fabio è stato protagonista, e il nostro incontro si era rivelato stimolante e ricco di scambi per entrambi.

Era la prima volta che dirigevo una storia con un protagonista maschile e la disponibilità di Fabio mi aveva permesso di entrare in contatto con aspetti della sua personalità risultati poi preziosi per credibilità del film. Eravamo diventati amici. E avevamo entrambi il desiderio di continuare insieme un percorso professionale. Così, quando Fabio mi ha regalato – quello che era allora – il suo ultimo libro uscito, “Una gran voglia di vivere”, l’ho letto con curiosità, conoscendo già bene il suo autore e la sua sensibilità.

Il titolo mi aveva conquistato subito: dopo un anno di chiusura forzata, avevo io stessa un grande desiderio di riconnettermi alla vita, sentirla fluire, apprezzarla. Ho trovato un romanzo sincero, sulle contraddizioni dei nostri rapporti ma pieno di speranza. Esattamente quello di cui avevo bisogno. Il racconto della crisi di un matrimonio e del viaggio, fisico e interiore, per affrontarla e trovare una strada per risolverla.

La storia è quella di una coppia che, dopo una decina d’anni d’amore ininterrotto e la nascita felice di un figlio, si allontana senza apparenti motivi: il logorio della vita quotidiana, la stanchezza che mangia la passione, la complicità che diventa competizione… Piccole cose difficili da individuare. I due decidono comunque di partire per un viaggio in camper, promesso al figlio da tempo, per la Norvegia.

E nel viaggio accadono naturalmente molte cose: i protagonisti affrontano dei passaggi necessari alla loro crescita personale, si allontanano per cercare se stessi e si ritrovano solo nel momento in cui sono disposti a lasciare andare ciò che non serve più. Una romantic comedy on the road. Era nelle mie corde.

Il primo ostacolo da superare nell’adattare il libro, era trasformare il racconto in prima persona, cioè la voce/pensiero di Marco, il protagonista, in un personaggio, e rendere Anna, sua moglie – il suo amore, ma anche l’oggetto delle sue elucubrazioni – la coprotagonista, con una sua backstory e un suo pensiero indipendente.

Nell’adattamento, che ho curato insieme allo stesso Fabio Volo e a Filippo Bologna, abbiamo rinunciato alla voce/pensiero, cercando di tradurre in azioni e reazioni le sue riflessioni. Si è rivelato più naturale di quello che pensavo, avevo moltissimi aspetti in comune con i personaggi del libro: l’età, un matrimonio decennale, ma soprattutto la passione per il camper. Se c’era una cosa che davvero mi era mancata nei mesi precedenti, erano i viaggi.

Poco prima della chiusura avevo avuto la possibilità di partire con il camper insieme al mio compagno, in direzione Scandinavia. Da Roma siamo arrivati fino in Norvegia, fermandoci a tappe per tutta l’Europa. Una esperienza incredibile: il camper è una casa viaggiante, è come muoversi con il proprio nido, è spostarsi di chilometri portando con sé la propria zona comfort. È raggiungere i luoghi lentamente, dimenticare da dove si arriva, stratificare l’esperienza, conoscere se stessi durante il processo.

L’opposto di un arrivo in aereo, che ti catapulta in un luogo con un effetto emotivo simile ad uno shock termico. Avevo nutrito il desiderio di raccontare la mia esperienza personale in Norvegia, un luogo suggestivo, potente e in qualche modo alienante: estremo, diverso da tutto ciò che lo circonda, selvatico, dalla natura prepotente, con una popolazione a bassissima densità e poche strutture ricettive, così come siamo abituate a conoscerle. Pochi centri abitati, una architettura ricorrente. Una popolazione semplice con un tenore di vita molto alto. La storia raccontata nel libro poteva essere l’occasione perfetta.

Abbiamo provato a fare incontrare i due mondi, mantenendo gli appuntamenti emotivi e sentimentali della coppia ma inserendoli nel panorama norvegese che conoscevo e la cui bellezza volevo raccontare e condividere. La prima parte del libro, quella che racconta la vita quotidiana dei protagonisti, è ambientata a Milano, dove è girato anche l’inizio del film. Come un lungo e gioioso set up per raccontare la nascita, la crescita e la crisi della coppia, prima della partenza.

Quella dei protagonisti, due architetti, è una Milano contemporanea, ecosostenibile e in trasformazione: la Milano informale e moderna degli orti sui tetti e delle riqualificazioni. Da raccontare nei luoghi che sono parte ed espressione dei protagonisti, nello stile classico della commedia romantica: montage, effetti speciali (come i disegni degli architetti che prendono vita), dettagli di raccordo tra le scene, audio bridge, time lapse. Musiche di repertorio contemporanee, cover ricercate.

Il viaggio però, trasforma il racconto, la coppia e inevitabilmente lo stile del film. Cambiano i colori, la persistenza della luce. Il cast diventa internazionale. Diventa un road movie. Il mezzo in movimento, la natura e i pensieri dei protagonisti che si fanno via via più evidenti, necessitano di un linguaggio più estremo: i vasti orizzonti geografici si alternano ai panorami interiori negli occhi dei protagonisti.

Grandangoli e primi piani. Macchina a mano e droni. Il movimento perde rigidità e da descrizione diventa narrazione, aperta all’imprevisto, alle variazioni climatiche, alla natura. La musica da viaggio sfuma nella colonna sonora emotiva, romantica. L’idea è quella di dividere il film in due parti, prima e dopo il viaggio, con due approcci, due stili di regia diversi, musiche e palette differenti: città vs natura, costrizione vs libertà, noto vs ignoto, ragione vs istinto, controllo vs imprevedibilità.

Perché viaggiare è solo un altro modo di vedere le cose. Proprio come quando giri un film” ha raccontato la regista Michela Andreozzi.

« di 22 »

credit image by Press Office – photo by Barbara Gravelli