Il Museo del Novecento presenta Aldo Rossi. Design 1960-1997 a cura di Chiara Spangaro, in collaborazione con la Fondazione Aldo Rossi e Silvana Editoriale, visibile fino al 2 ottobre. Con questa mostra il Museo del Novecento prosegue nel dialogo interdisciplinare tra le arti, approfondendo la figura dell’architetto, designer, teorico e critico, tra i protagonisti della cultura visiva del XX secolo.

Per la prima volta sono esposti, in un percorso spettacolare, oltre 350 tra arredi e oggetti d’uso, prototipi e modelli, dipinti, disegni e studi progettati e realizzati da Aldo Rossi dal 1960 al 1997, una testimonianza visiva della sua attività di designer, progettista e teorico dell’architettura.

Rossi in tutta la sua produzione, fin dai primi mobili realizzati nel 1960 con l’architetto Leonardo Ferrari, riflette sul rapporto tra la scala architettonica e urbana e quella monumentale e oggettuale. Dal 1979 si apre al mondo della produzione industriale e di alto artigianato, realizzando arredi e prodotti d’uso prima con Alessi, poi con Artemide, DesignTex, Bruno Longoni Atelier d’arredamento, Molteni&C|UniFor, Richard-Ginori, Rosenthal, Up&Up (oggi UpGroup).

In quasi vent’anni di lavoro elabora più di 70 arredi e oggetti, molti dei quali ancora oggi in produzione, sperimentando forme e cromie nel campo dei metalli e del legno, del marmo e della pietra, della ceramica e della porcellana, dei tessuti artigianali e industriali e dei materiali plastici.

La mostra, il cui progetto di allestimento è firmato da Morris Adjmi – MA Architects, collaboratore e poi associato di Rossi a New York, racconta l’universo di Aldo Rossi in nove sale: ciascuna rappresenta un mondo nel quale emerge la relazione tra opere grafiche e prodotti artigianali e industriali, con riferimenti alle architetture e allo spazio privato di Rossi.

Aldo Rossi Design 1960-1997: l’esposizione

La prima sala ci introduce al rapporto tra immagine dipinta e realtà oggettuale, la seconda è dedicata a prototipi e varianti di un immaginario panorama domestico e porta alla ricostruzione di un ambiente poetico nella terza sala, dove opere quali la serie Parigi (UniFor, 1994) e il servizio Tea & Coffee Piazza (Alessi, 1983) sono il centro visivo e metafisico, corredato alle pareti dai disegni inediti degli interni della casa di Rossi in via Rugabella.

La quarta sala presenta la varietà della produzione oggettuale, in rapporto con la forma del cubo che rievoca il Cimitero di San Cataldo a Modena e introduce le figure geometriche apollinee utilizzate dall’architetto sia nel design sia nell’architettura, tema della quinta sala: dai prototipi per Richard-Ginori e Rosenthal, alle piante architettoniche del Monumento ai Partigiani di Segrate e della scuola di Fagnano Olona, ai tappeti realizzati con ARP Studio in Sardegna (1986) o le tarsie lignee di Bruno Longoni Atelier d’arredamento (1997).

Nella sesta sala sono allestiti sedie, poltrone, grandi mobili e le loro varianti per materiale e colore, dalla scrivania Papyro (Molteni&C, 1989) al tavolino Tabularium (Up&Up, 1985). La ricostruzione dell’interno domestico della sala sette riunisce mobili e oggetti di Rossi con altri da lui collezionati e presenti nelle sue case, tra i quali le caffettiere americane, una stampa di Giovanni Battista Piranesi, una credenza ottocentesca che è servita da ispirazione per il suo design, così da entrare idealmente nel suo spazio personale.

Il rapporto con l’architettura, puntuale in tutta la mostra, è evidente nel nucleo dedicato agli arredi ideati da Rossi per alcuni suoi edifici presentato nell’ottava sala: la seduta per il Teatro Carlo Felice di Genova (Molteni&C|UniFor, 1990) o la sedia Museo costruita per il Bonnefanten Museum di Maastricht (UniFor, 1994). La presenza magica e misteriosa del Teatro del Mondo, che chiude la mostra, rievoca le costruzioni temporanee in legno – dal faro alla cabina, al teatro galleggiante e circolarmente riporta al nucleo di opere iniziali.

Aldo Rossi. Design 1960-1997 conduce lo spettatore in un racconto inaspettato, immaginifico e spettacolare che si muove tra forma e uso, classicità, ironia e metafisica, nel quale la libreria ha la foggia di un Piroscafo (con Luca Meda per Molteni&C, 1991), La conica o La cupola sono ora macchine per il caffè (Alessi, 1984 e 1988) ora elementi allestitivi del Teatro Domestico (XVII Triennale di Milano, 1986), il Faro, già teatro a Toronto e museo nell’isola di Vassivière, è una teiera in vetro e ceramica per Rosenthal (1994) o il Monumento di Segrate si affaccia da una tarsia lignea per Bruno Longoni o da un tappeto tessuto in Sardegna.

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credit image by Press Office – photo by Francesco Carlini