Arriva oggi nei cinema italiani la commedia francese Separati ma non troppo, diretta da Dominique Farrugia e interpretata da Gilles Lellouche, Louise Bourgoin, Manu Payet e Marilou Berry.

La commedia racconta l’odissea dolce-amara della separazione ai nostri giorni e degli alti e bassi che una coppia in via di separazione deve affrontare, specialmente se la coppia separata si ritrova ingabbiata all’interno delle comuni mura domestiche e non prevede – per ragioni di varia natura – una definitiva uscita di casa da parte di uno dei due coniugi.

Il tema della separazione in casa è assolutamente attuale e può essere visto come un espediente pacifico che, in questi tempi di crisi, risulta utile non solo per affrontare i problemi economici ad esso legati ma permette anche di evitare che i figli vivano la separazione come un motivo di grande stress psicologico.

Questa soluzione sembra frequente anche tra i personaggi dello spettacolo, della politica e tra le star di Hollywood. Donald Trump e Melania, Brad Pitt e Angelina Jolie, Hillary e Bill Clinton sono solo alcune delle coppie che, secondo i rumors, convivrebbero (o avrebbero convissuto) sotto lo stesso tetto ma da separati: un escamotage per ovviare ai pettegolezzi attorno alla loro immagine pubblica.

Chissà se anche loro si rispecchierebbero nelle vicissitudini sperimentate dai protagonisti di SEPARATI MA NON TROPPO Yvan (Gilles Lellouche) e Delphine (Louise Bourgoin), coppia separata costretta per ragioni economiche a condividere nuovamente lo stesso tetto e la vita di tutti i giorni, stabilendo un equilibrio famigliare completamente nuovo.

Separati ma non troppo film 2018: intervista al regista Dominique Farrugia

Qual è stato il punto di partenza per Separati ma non troppo?
“Qualche tempo fa, un amico mi ha fatto leggere un articolo su Libération che affermava che il 60% delle coppie parigine divorziate erano obbligate a vivere sotto lo stesso tetto a causa della mancanza di fondi. Ne ho subito dedotto che fosse una buona idea per un film. Ho dovuto metterla da parte al tempo delle riprese per Bis ma, successivamente e poco a poco, il seme è germogliato. Ho cominciato, così, a sviluppare il film per EuropaCorp ma senza uno sceneggiatore in mente. Poi, all’inizio della composizione della terza versione della sceneggiatura, mi sono detto: «Perché non io?». Ne ho parlato con Laurent Turner e abbiamo ripreso la scrittura insieme.”

Perché ha voluto raccontare questa storia?
“Inizialmente per l’evidente mescolanza di momenti comici e drammatici che una situazione di questo tipo può far nascere: ero curioso di piegare al massimo il soggetto per vedere fino a che punto sarebbe arrivata la dissonanza. Ed anche perché questa storia mi ha fatto pensare immediatamente ai personaggi del mio Delphine 1, Yvan 0. Più precisamente a quello che Delphine e Yvan sarebbero potuti diventare a vent’anni di distanza: lei, infermiera, lui senza posto fisso, due figli e sul punto di divorziare. L’idea per Delphine1, Yvan 0 è nata da una frase di Philippe Djian: «L’ultima grande avventura umana è vivere con una donna e renderla orgogliosa». A 33 anni, lo trovo magnifico. A 54 metto in scena il divorzio. Quindi non so se il mio pensiero di coppia sia così positivo; nonostante questo, non ho mai divorziato!”

Come ha scelto il cast?
“L’idea di Gilles Lellouche è stata immediata. Ci conosciamo bene, e so che ha un potenziale comico formidabile che, secondo me, non aveva ancora espresso appieno tranne che per alcune scene in Piccole bugie tra amici. Quindi ho scritto il personaggio di Yvan con Gilles in mente. L’idea di Louise Bourgoin, invece, è arrivata a sceneggiatura terminata. Amo molto il suo lavoro e avevo parlato di lei ad un mio amico assistente alla regia avendo la convinzione, però, che lei non volesse girare commedie. Un’idea a priori assolutamente senza fondamento e stupida, tanto che questo mio amico mi ha sollecitato ad inviarle la sceneggiatura di Separati ma non troppo: qualche giorno dopo, Louise ha accettato di interpretare Delphine. A partire da questa decisione, abbiamo riscritto leggermente il personaggio in funzione della sua interpretazione.”

Come ha scovato Adèle Castillon e Kolia Abiteboul, che interpretano Violette e Lucas, i due figli di Delphine e Yvan?
“Lo devo a Elsa Pharaon. Specializzata in casting di bambini e ragazzi, è stata lei a scoprire Rod Paradot, premio Cèsar come migliore promessa nel 2016 per A testa alta. È dopo aver visto il film di Emmanuelle Bercot che ho voluto lavorare con lei. Elsa ha fatto audizioni a moltissimi ragazzi, ma è stata Adèle in primis ad imporsi: le sue prove sono state decisive, così come il mio primo incontro con lei. Ha 14 anni e mi ha spiegato di avere un canale YouTube in cui i suoi video vengono visti da circa un milione di iscritti; oltre a ciò, ha persino dato vita ad un’agenzia di marketing. Mi chiedo cosa farà a vent’anni! Per Kolia il meccanismo è stato differente: i casting erano quasi finiti e mi hanno comunicato che ci sarebbe stato il video webcam di un ragazzino che non abitava a Parigi. Ed è stata la prova migliore di tutti quelli che avevo visto fino a quel momento! Entrambi hanno un appeal straordinario, ed è stato un piacere poter lavorare con loro.”

E questo piccolo mondo è circondato da ruoli secondari non indifferenti…
“Volevo lavorare con ognuno di loro, anche se ogni volta m’imbarazzava chiedere la loro disponibilità per dei ruoli così scarni. Ma tutti – da Manu Payet a Marilou Berry e persino Marie-Anne Chazel e Julien Boisselier – hanno accettato trovando un posto per me tra i loro numerosi impegni. Mi ha scaldato il cuore.”

Anche lei appare in una scena del film in cui Yvan, in strada, viene a chiedervi aiuto…
“Volevo un posticino in Delphine1, Yvan 0 e Separati ma non troppo. Ecco perché sia io che Lionel Abelanski facciamo un’apparizione, qui. Strizza l’occhio ai fan del primo film; e devo dire che mi sono anche divertito parecchio a fare l’attore.”

Il fatto di aver diretto, per i ruoli principali, due attori con cui non aveva mai lavorato ha cambiato le carte in tavola per lei?
“Sì. Questo film è stato cento volte più angosciante dei miei precedenti. Quando giro con Kad Merad e Franck Dubosc li conosco talmente bene che so esattamente fin dove mi posso spingere e quale strada devo intraprendere per avere un buon risultato. Al contrario quando ho lavorato con Louise e Gilles, non avendo dei precedenti, non conoscevo il loro modo di lavorare. Questo ha generato un po’ più di stress.”

Ha lavorato molto con loro prima di cominciare a girare?
“La commedia è un ingranaggio preciso e complicato, le ripetizioni mi fanno temere di rendere il tutto troppo meccanico. Perciò, prima di girare, abbiamo fatto delle letture che hanno permesso di riscrivere certe sequenze e di rendere più fluida la sceneggiatura. Poi, una volta sul set, ho ripetuto nuovamente il processo per evitare di perdere lo slancio comico.”

Come descriverebbe il suo lavoro nel dirigere gli attori?
“Cerco di portare gli attori a fare quello che voglio nel modo più semplice possibile. Confido in questa frase di Chabrol: «non dirigiamo gli attori, se non per indicare loro dove si trova la mensa». Ho scoperto che Gilles ha una capacità d’improvvisazione incredibile, e questa cosa mi piace…non sono affezionato al rispetto esatto di ogni singola parola della sceneggiatura ma voglio che spirito e musica coincidano. È stato veramente un piacere lavorare con Gilles: un attore vero in tutti i sensi, che offre tutto se stesso sul set.”

Si percepisce questo gusto nell’improvvisazione che viene evocato in ciascuna delle scene con Manu Payet…
“Quelle scene sono state pensate e scritte molto, ma una volta sul set Gilles e Manu hanno lavorato soli in un angolo proponendomi un’altra versione che avrei potuto o meno scegliere. Tra le due non c’era alcun paragone. Tra di loro non c’è competizione, si vogliono bene e questo piacere condiviso lavorando insieme mi ha stupito non poco.”

Questo film si basa sull’equilibrio tra commedia e emozioni. Come ha lavorato per garantire la coesistenza di questo connubio?
“Ho cercato di mantenere fino alla fine questo complesso dosaggio, mi piace sia far ridere che far piangere. In ogni film ci sono tre possibilità: scrittura, ripresa, montaggio. E mi servo uniformemente di tutte: per cominciare, faccio una ventina di versioni della sceneggiatura in cui la commedia deve dominare ma senza oscurare l’emotività. Tutto il mio lavoro, poi, si è concentrato nel saper dosare le due componenti per evitare di perdere l’intento che avevo in mente.”

Ritrova, qui, il direttore della fotografia di Bis, Rémy Chevrin. Perché questo desiderio di lavorare ancora insieme?
“Rémy lavora bene sia con Christophe Honoré che con me. È prezioso, estremamente cinefilo, non ha mai paura di provare sul set; illumina molto bene le scene, in modo molto dolce e intelligente, con l’intenzione di raccontare una storia. Ci siamo capiti immediatamente sul set di Bis, quindi è stato oltremodo piacevole ritrovare lui e la sua équipe sul set di Separati ma non troppo.”

Quali sono le direttive che gli ha dato per elaborare l’atmosfera visiva di Separati ma non troppo?
“Avevo questa idea di un film molto luminoso; parigino ma campagnolo allo stesso tempo, in quanto l’azione si sviluppa principalmente nel 19° distretto, popolato da piccole case operaie, vicine al Buttes Chaumont.
Per dargli un’idea della visione che avevo in mente gli ho mostrato dei film, più precisamente alcune scene di film. Tre immagini di un film di Michael Mann per un’ambientazione notturna; altre tre, molto luminose, da Vivere e morire a Los Angeles, utili per un altro momento specifico del film. A volte, però, mi è capitato di esagerare senza rendermene conto: avevo immaginato, per esempio, dei titoli di testa di cui andavo estremamente fiero prima di rendermi conto che sarebbero stati la copia conforme di quelli del film American Hustle!”

Separati ma non troppo film 2018: intervista a Gilles Lellouche e Louise Bourgoin

Che cosa vi ha colpito della sceneggiatura di Separati ma non troppo, durante la prima lettura del copione?
Louise Bourgoin: “Il fatto che questa storia sia basata su un fatto reale che colpisce la nostra società. Al giorno d’oggi un gran numero di coppie è obbligata a vivere sotto lo stesso tetto anche dopo la separazione: è un fenomeno reale. Ho trovato che fosse una buona soluzione sviluppare questa tematica attraverso il filtro della commedia, dato che molte situazioni possono essere il pretesto per scene molto divertenti.”

Gilles Lellouche: “Per una commedia la questione è molto semplice: è divertente o non lo è? La sceneggiatura di Dominique riesce ad esserlo basandosi, effettivamente, su una realtà sociale che poteva essere trattata tranquillamente con un registro drammatico, come nel film di Joachim Lafosse Dopo l’amore. Da parte mia, ho riso dall’inizio alla fine.”

Come descriverebbe l’Yvan che interpreta?
Gilles Lellouche: “È un ragazzino che non è mai cresciuto. Spesso finisce per essere sovrastato dagli eventi, ma è questa particolarità che dà fascino al personaggio: Yvan non è né un idiota né un pigrone ma un uomo in eterna contemplazione che si lascia trasportare dalla vita. Ha avuto diverse idee e lavori uno più originale e stravagante dell’altro: autore di romanzi porno per adolescenti, proprietario di un bar anni Settanta e ha aperto un ristorante per non vedenti. Evidentemente, però, non era portato per nessuno di questi impieghi. Resta, comunque, innamorato di Delphine nonostante la loro separazione; torna a vivere con lei non solo per ragioni economiche, ma anche perché non accetta l’idea di divorziare da lei. Delphine, a differenza sua, è più determinata: abituata a prendere decisioni e lui, abituato a subire.”

Chi è Delphine secondo lei?
Louise Bourgoin: “Una donna molto complessa, che deve gestire più cose contemporaneamente: una relazione turbolenta con il marito, occuparsi dei figli e mantenere il suo lavoro da infermiera; è, per questo motivo, un po’ esausta: deve fare da madre a suo marito, cercando di far ragionare quella testa da eterno ragazzino. Non è una situazione facile da gestire ma, nonostante questo, resta ben disposta nei suoi confronti, anche durante la loro separazione.”

Questa separazione potrebbe essere un buon motivo di maturazione per Yvan?
Gilles Lellouche: “È un elettroshock, perché ora l’unico suo obiettivo è quello di riuscire in qualcosa nella vita per dimostrare a Delphine – e ancora di più a se stesso – che può farcela, che è un adulto. Ecco perché ha questo forte slancio nel riuscire bene nel suo nuovo lavoro di agente calcistico. Oltre che per venire considerato un po’ più positivamente dalla sua donna.”

Per Delphine questa rottura rappresenta, al contrario, un modo per ritrovare un po’ di leggerezza nella sua vita seducendo altri uomini?
Louise Bourgoin: “La situazione è un po’ perversa; è lei, inizialmente, a suggerire a Yvan di andare a letto con altre donne per rilanciare la loro relazione; nel momento in cui lui lo fa, lei ha dei ripensamenti sulla proposta iniziale, definendolo un poco di buono per aver seguito un suo consiglio, tradendola! Questo la porta a voler divorziare da lui: dopo anni di matrimonio vuole gustarsi la libertà del celibato, saltando al collo del dottore genialmente interpretato da Julien Boisselier.”

Com’è stato lavorare con Dominique?
Gilles Lellouche: “Sono state fatte, prima, delle letture e, successivamente, si son potuti constatare i cambiamenti nella sceneggiatura: questo ci ha resi parte integrante della costruzione dei personaggi. Dominique è molto aperto a nuove idee e ben disposto al lavoro in team.”

Louise Bourgoin: “Mi ha parlato spesso de Il Sostituto di Jean-Jacques Annaud per la scena del regolamento dei conti, quando Delphine scopre che Yvan festeggia il compleanno con tutti i loro amici che avevano in comune prima del divorzio; mentre, da allora, nessuno di loro si era preso la briga di richiamarla.”

E come si è formata l’alchimia tra voi due che, in precedenza, avete condiviso il set di Adèle e l’enigma del faraone di Luc Besson ma senza alcuna scena in comune?
Louise Bourgoin: “Erano cinque anni che non recitavo in una commedia, da L’amore dura tre anni di Frédéric Begbeider, e ci ho messo due giorni a ritrovare il ritmo, lasciandomi trasportare senza cercare d’intellettualizzare ma inscrivendomi nell’intenzione primaria del film. In questo senso, Gilles mi ha aiutata parecchio: ha un forte senso dell’umorismo e sa inserire parecchi dettagli esilaranti; senza dubbio in quanto, essendo anche regista, ha già un’idea della resa di alcuni elementi dal set in sede di montaggio.”

Gilles Lellouche: “Come Louise, anche per me è stata la prima volta dopo tanto tempo che non recitavo in una commedia, e ne provavo una grande mancanza! Diversamente da altri generi, la commedia si crea sul momento. Come in una partita di tennis dove si rimbalza la palla; a volte questa finisce nella rete oppure lo scambio tra i giocatori può durare per parecchio tempo. Ecco perché mi piace molto improvvisare, inoltrarmi in sentieri non necessariamente scritti per poi ritornare al testo di base. Si tratta di una sperimentazione, e per questo film ha funzionato alla perfezione insieme a Louise. Abbiamo delle personalità diverse, quindi delle modalità diverse di approccio al lavoro che, però si completano alla perfezione e hanno una corrispondenza con i nostri personaggi.”

Separati ma non troppo riesce a sposare armoniosamente humor e emozioni…
Louise Bourgoin: “Sì, questo film mescola molto bene le emozioni. A partire dall’ambiguità della relazione tra Delphine e Yvan. Yvan emoziona Delphine, che tutto sommato gli vuole bene; lei cerca di tagliare i ponti ma non ci riesce del tutto: quando lui torna a casa e continua a farla ridere lei non può rimanere impassibile, perché è proprio quell’anima da eterno ragazzino che le piace di più e che l’ha conquistata.”

Gilles Lellouche: “È lo stile di commedia che preferisco: offre l’opportunità di muoversi all’interno di registri più sensibili e, dunque, sinceri. Non ci sono regole di gioco precise alle quali attenersi, si rimane tra emozione e humor: proprio come nella relazione tra Yvan e il giocatore di calcio di cui si sta occupando e al quale deve mentire pur di dimostrare di avere una famiglia unita. Oppure la relazione tra Yvan e i figli che, in una scena, danno dieci euro al padre che vedono in strada. Girando questa scena sono stato sopraffatto dall’emozione. Tutto questo lo ritroviamo in un altro film di Dominique, Bis, in cui il personaggio di Franck Dubosc ritrova il padre in un viaggio nel passato e confessa cose che non aveva mai osato dirgli quand’era vivo. Sono convinto che, in futuro, Dominique si misurerà con un genere che non sarà la commedia.”