Nel cuore di Milano, in Viale Regina Giovanna 14, si trova “Dirty“, il cocktail bar che si distingue per la sua filosofia unica e ribelle. Guidato da un team di esperti eclettici (e bravissimi!) – Mario Farulla, Carola Abrate, Gianluca Tuzzi e Paolo Coppola – Dirty rifiuta gli stereotipi della società contemporanea e si rivolge a un pubblico autentico.

Dirty è un vero e proprio santuario per gli amanti dei dink che cercano autenticità e originalità. Il concept dei nuovi cocktail ruota attorno alla bellezza dell’imperfezione e dell’unicità. Con la sua nuova drink list “Normalize”, il bar lancia una sfida alle convenzioni sociali, esaltando l’essenza pura del bere. E le immagini provocatorie esposte nel cocktail bar sono un omaggio alla “perfetta imperfezione” del corpo umano.

Dirty si trasforma così anche in un pop-up dell’arte, dove ogni dettaglio è un’integrazione tra cocktail, arte, cibo e design. Otto nuovi cocktail, uniti da un unico fil rouge, celebrano la bellezza nascosta nelle imperfezioni. Questo approccio si riflette anche nella scelta di una bottiglieria No Brand, puntando su prodotti con marchio proprio e sottolineando l’importanza della qualità e dell’originalità rispetto alla mera apparenza.

Al Dirty l’arredo minimalista e industriale si fonde con l’arte underground, creando un’atmosfera accogliente per i nottambuli e i lavoratori della notte. Il bar offre 19 cocktail, sia creazioni originali che grandi classici, oltre a birre ghiacciate, vini e snack insoliti.

L’approccio di Dirty al mondo dei cocktail è caratterizzato da una precisione artigianale “maniacale”, data dalla competenza e dall’intuizione dei baristi. Questo approccio non convenzionale ha reso Dirty una destinazione imperdibile a Milano per chi cerca un’esperienza di mixology autentica e di qualità.

Aperto dal lunedì al sabato dalle 19:00 alle 4:00 e chiuso la domenica, Dirty è il luogo perfetto per coloro che cercano di sfuggire alle convenzioni e immergersi in un mondo dove la bellezza risiede nell’autenticità e nell’imperfezione.

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